Eroi del Covid ma precari, 350 operatori sociosanitari chiedono certezze

Durante l'emergenza non si sono tirati indietro lavorando in corsia e spesso ammalandosi per non far mancare il loro apporto. Molti hanno contratti somministrati (ex interinali) in scadenza

Una corsia d'ospedale

Una corsia d'ospedale

Monza, 27 maggio 2020 - Anche nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria hanno contribuito al funzionamento del sistema ospedaliero brianzolo. Senza incertezze e senza risparmiarsi. C’è pure chi in servizio ha contratto il coronavirus e chi, volontariamente, si è messo in isolamento per limitare il rischio di contagiare i famigliari. Adesso, giustamente, chiedono che venga riconosciuta una professionalità ribadita sul campo in condizioni particolarmente difficili. Una richiesta avanzata dai circa 350 lavoratori somministrati che lavorano negli ospedali di Monza, Vimercate e Desio. Il loro rapporto di lavoro è appunto regolato da un contratto di somministrazione. Sono assunti a tempo determinato tramite un’agenzia.

Solitamente il loro contratto viene rinnovato ogni sei mesi. La maggior parte sono operatori socio sanitari e lavorano in corsia. Sono uomini e donne con un’età compresa tra i 25 anni e i 55 anni. Come dire che questa forma di precarietà professionale non è una specie di praticantato che riguarda solo i giovani. Anzi. Di recente, infatti, una lavoratrice brianzola è approdata alla pensione da somministrata. Gli addetti ex interinali che svolgono queste mansioni sono, a livello regionale, circa 1.500. Sono concentrati nelle province di Milano, Pavia e Monza. Questa categoria di lavoratori della sanità pubblica, in quanto assunta a tempo determinato, non ha diritto ad alcune garanzie normalmente riconosciute ai loro colleghi assunti a tempo indeterminato.

"Per esempio - spiega Giovanni Agudio, coordinatore territoriale della Felsa Monza Brianza Lecco, la struttura della Cisl che tutela i lavoratori autonomi e atipici -, questi operatori socio sanitari non hanno diritto al premio di produttività. Non viene loro riconosciuta l’indennità di vestizione e non hanno accesso ai corsi gratuiti di aggiornamento professionale previsti per i dipendenti».

E a pesare sul futuro di queste persone, inevitabilmente, c’è sempre la scomoda qualifica di lavoratore "a tempo", la mancanza della sicurezza assicurata da un contratto da lavoratore dipendente. "Nessuno di questi lavoratori - aggiunge Agudio - si è mai tirato indietro in questi tempi così critici. Hanno vissuto sotto pressione l’emergenza sanitaria, si sono spesi per la sanità pubblica. Ed anche perché hanno dimostrato nuovamente le proprie capacità in una situazione così tormentata, riteniamo che vada avviato un percorso di stabilizzazione da parte della Regione. Adesso è il tempo dei complimenti e dei ringraziamenti. Ma non vogliamo che, archiviata l’emergenza, tutto torni come prima. I meriti del comparto sanitario vanno riconosciuti anche ai lavoratori somministrati".