"Due vaccini pronti all’uso per far tornare anche i “miei“ bambini alla normalità"

Andrea Biondi, responsabile della pediatria della Fondazione Mbbm al San Gerardo tra i primi medici in Italia a essere vaccinato

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di Marco Galvani

"Oggi abbiamo un’opportunità. Che, senza fideismi, rappresenta una possibilità per recuperare una normalità che certamente non è quella che stiamo vivendo. Poi, per carità, a uno può andar bene vivere la vita così, ma a me no. E lo dico anche verso i ‘miei’ bambini. Perché sono dieci mesi che - nella mia esperienza di 11 anni di direttore della clinica pediatrica a Monza - non sto offrendo ai bambini leucemici, complessi, genetici, metabolici che questo dipartimento cura, quello che ho sempre dato: i volontari, le attività ricreative, la scuola. Tutto fermo". Andrea Biondi, responsabile della pediatria della Fondazione Mbbm al San Gerardo e luminare nella ricerca contro le leucemie dei bambini, esorta a "guardare avanti con coraggio".

Perché oggi, "cosa mai successa nella storia dell’umanità, grazie a un grande investimento pubblico e privato, ci troviamo ad avere due vaccini pronti all’uso". Eppure "spesso ci dimentichiamo l’eccezionalità della situazione che stiamo vivendo, l’impatto drammatico nelle relazioni, nella scuola, sull’economia, nella sofferenza di tante famiglie. In Italia come in tutto il mondo". Oggi "sappiamo cosa è utile, ma sono ancora procedure che ci richiamano ai tempi del Medioevo – continua il professor Biondi –. L’isolamento, il distanziamento, la separazione sono gli interventi più semplici rispetto a quando uno non sa gestire una pandemia. Poi, però, si apre il capitolo dello ‘strumento in più’".

Il vaccino. "L’unica vera certezza che abbiamo per uscire da questo tunnel. Tutta questa situazione potrà cambiare se saremo capaci, come comunità, di rispondere all’appello e all’opportunità che il vaccino può dare". Sia chiaro, "se uno dicesse che contro il virus ha il farmaco ideale, beh allora curiamo con il farmaco ideale. Ma non c’è. Non c’è". Questo è lo scenario. E oggi "il modo con cui si affronta un paziente che arriva in ospedale col Covid è ancora basato su tre pilastri nonostante tutti gli studi che abbiamo fatto – fa il punto Biondi –: utilizzo dello steroide, di anticoagulanti e di ossigeno. Questo è il bagaglio terapeutico che abbiamo. Poi la scienza ci farà vedere che dobbiamo migliorare, che troveremo altre terapie". Perché nel 2020 "abbiamo visto qualcosa che nella storia della medicina non abbiamo mai vissuto. Sulla PubMed registry, la biblioteca virtuale dove vengono collocati tutti gli studi peer reviewed (certificati, ndr) del mondo, ad oggi sono state caricate 74mila pubblicazioni, il doppio di quelle scritte per poliomielite, morbillo, colera, febbre Dengue e di altre malattie che sono state piaghe dell’umanità: per Ebola, ad esempio, sono stati pubblicati solo 9.700 lavori". E ancora: "Il New England journal of medicine, la più prestigiosa rivista di medicina insieme a The Lancet, ha ricevuto 30mila submission (invio di un articolo per la pubblicazione, ndr), 16mila in più del 2019".

La dimostrazione di "uno sforzo incredibile, la scienza ha compiuto uno straordinario impegno per capire di più, tanto che oggi sappiamo del Covid cose che non avevamo neanche ipotizzato. E che neanche dagli studi cinesi erano emerse", come il fatto che "il problema vero di questa insufficienza respiratoria, quello che la rende grave, è che interessa l’endotelio (la parete interna dei vasi sanguigni) provocando dei coaguli che impediscono il normale flusso del sangue".

E’ l’esperienza a fare la differenza. "Ma con l’evidenza dei numeri, non delle opinioni. ‘Io penso che’ non fa parte del percorso della scienza". Tanto che è stato proprio grazie al protocollo ‘Covid19-Storm’ - messo a punto dal professor Biondi insieme con Paolo Biondi, direttore delle Malattie infettive del San Gerardo - che da marzo sta raccogliendo la storia clinica e i campioni biologici degli oltre 5mila pazienti positivi al Covid ricoverati a Monza, che "abbiamo potuto partecipare e contribuire agli studi più importanti".

al punto. Lui che ha votato la sua vita professionale alla cura delle leucemie infantili: "E’ dalla ricerca che arriva tutta la nostra speranza di poter guarire un bambino in più". E così sta succedendo anche per il Covid. Con il vaccino. Che ha ‘imparato’ a utilizzare l’RNA messaggero, ovvero il materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine aiutando a costruire, riparare e mantenere le funzioni biologiche fondamentali. Ecco, il vaccino sviluppato da Pfizer e BionNTech utilizza delle microvescicole prodotte in laboratorio (e che peraltro sono già in uso come veicolo di farmaci, come i cosiddetti CAR-T nella lotta alla leucemia infantile) per portare nell’organismo la sola informazione relativa - in termini genetici - alla proteina Spike (la chiave di ingresso nelle cellule) e non di tutto il resto di cui il virus ha bisogno per infettare altre cellule. Da sola, senza il resto del virus, la Spike è innocua, ma mette in allarme il sistema immunitario e lo induce a produrre anticorpi. A quel punto, se una persona vaccinata dovesse entrare in contatto con il virus i suoi anticorpi riconosceranno la Spike e reagiranno prima che si scateni l’infezione.

Una tecnologia che "permetterà di migliorare e rendere più sicuri anche i nostri CAR-T per curare certi tipi di leucemia". Oggi viene utilizzato un enzima che ‘taglia e cuce’ per rimettere in ordine i linfociti T precedentemente prelevati dal paziente e ingegnerizzati così da potenziarli per combattere i tumori: "Un domani, invece, potremo utilizzare l’RNA messaggero in sostituzione del sistema che ‘taglia e cuce’ per trasferire le informazioni che servono a curare la malattia. Una volta completata la sua missione, l’RNA si degrada e viene eliminato". Questo fa la scienza, questo fa la ricerca: "Aprire nuovi scenari terapeutici".

Per questo "credo fermamente nel vaccino anti-Covid. Per tutte le piaghe dell’umanità risolte grazie alle vaccinazioni, voglio sperare che anche per il Covid ci riusciremo". Con tutte le domande e i dubbi. Che poi "sono quelli che mi rivolge anche mia moglie". Biondi è stato uno dei primi medici in Italia ad aver avuto "il privilegio di essere vaccinato contro il Covid" il 27 dicembre: "Quanto durerà l’immunità? Non lo sappiamo. Gli studi, per ora, dicono che persiste per sei mesi. Ma vorrei ricordare, da pediatra, che abbiamo imparato che non era sufficiente vaccinare contro il morbillo a 12 mesi solo quando non abbiamo avuto negli Stati Uniti focolai di morbillo negli adulti, nelle giovani reclute dell’esercito americano. E da lì abbiamo cominciato a capire che la risposta immunitaria al vaccino del morbillo non è permanente e abbiamo introdotto un richiamo alle scuole medie".

Tutte le domande sono legittime. La ricerca vive di domande, le risposte ce le darà il tempo. Siamo passati da chi diceva di non preoccuparsi perché era una forma simil influenzale a una malattia di straordinaria complessità. E oggi, davanti allo sforzo straordinario che abbiamo vissuto in tutti i campi per affrontare il Covid, trovo ancor più surreale il dibattito tra vaccino obbligatorio oppure no".