Dai vecchi ai nuovi camici "Non c’è solo il protocollo"

Al teatro Manzoni di Monza il passaggio del testimone fra i medici più anziani e i debuttanti pronti a gettarsi in corsia e negli ambulatori

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di Martino Agostoni

Il saluto, assieme a tanti consigli, dei medici arrivati al traguardo dei 50 anni dalla laurea e l’entusiasmo dei giovani appena usciti dalla facoltà di Medicina pronti a iniziare la carriera. Un incontro tra generazioni di dottori monzesi e brianzoli, un simbolico passaggio di testimone tra chi ripone il camice bianco e chi lo indossa per la prima volta che è tornato a svolgersi dopo due anni di interruzione obbligata dell’emergenza sanitaria, organizzato ieri mattina al teatro Manzoni dall’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

Un momento sentito che ha permesso di premiare le carriere di 22 medici del territorio dopo mezzo secolo di servizio e i festeggiamenti per i 239 laureati in Medicina dell’ultimo biennio che nell’occasione hanno prestato il Giuramento di Ippocrate e "raccolto – ha detto il presidente dell’Ordine brianzolo Carlo Maria Teruzzi – il mandato che la collettività ha loro affidato, l’impegno ad agire per garantire a tutti cure adeguate ed accessibili, indipendentemente dallo stato sociale, dalle condizioni economiche". La cerimonia ha lasciato spazio alle occasioni di incontro e confronto tra generazioni di medici con tanti i consigli e altrettante aspettative. "Rispetto a quando ho iniziato io a fare il medico all’inizio degli anni ’70 oggi i giovani trovano una sanità completamente diversa. Si è involuta – commenta Anna Bernasconi, già parlamentare monzese, classe 1945, laureata a Milano nel 1970 con specializzazione in anestesia e rianimazione, e medico in ambito ospedaliero al San Gerardo di Monza dal 1973 – si pensa al bilancio e non alla qualità del lavoro: oggi conta la prestazione e non il paziente. È cambiato anche il modo di lavorare, oggi contano i protocolli altrimenti ci possono essere conseguenze. Ma in medicina è invece fondamentale ragionare e saper prendere decisioni: un consiglio che do a un giovane medico è quello di amare la professione, che vuol dire saper rompere gli schemi quando è necessario, non avere un rapporto pietistico col paziente e mettere in pratica le proprie conoscenze. Oggi chi arriva ha già letto tutto su internet, è giusto ascoltarlo ma poi bisogna intervenire, decidere anche se il paziente pensa altro: non è facile". C’è l’emozione di iniziare una nuova fase della vita da parte dei giovani dottori partendo però dalla "grande soddisfazione di essere diventata medico – racconta Diletta Terruzzi, laureata al distaccamento di Monza della Bicocca nel 2020 e ora specializzanda in medicina interna in Svizzera – Io non ho avuto un momento preciso in cui ho detto voglio diventare un medico, ma è un’idea che ho sempre avuto fin da bambina. Da quando mi ricordo è quello che ho sempre voluto fare, è stata una scelta naturale iscrivermi a Medicina ma è stata davvero dura. E adesso, dalle prime esperienze che ho fatto sul campo, sto imparando che il mestiere è diverso dai libri. Mi auguro di dare il mio contributo per aiutare i pazienti, fare prevenzione, e anche, dopo questi anni di pandemia in cui la medicina è tornata così centrale nella società, che si comprenda quanto sia importante la preparazione e la conoscenza che ha acquisito un medico rispetto alle tante cose fuori luogo e sbagliate che invece si sentono troppo spesso".