Dà fuoco al materasso della sua cella, sale la tensione in carcere

Dall’inizio dell’anno già due suicidi tra i detenuti. Domenico Benemia (Uilpa polizia penitenziaria): "Servono provvedimenti urgenti"

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di Marco Galvani

Ha dato fuoco al materasso della sua cella nel reparto di prima accoglienza del carcere di Monza e solo l’immediato intervento degli agenti ha evitato che fiamme e fumo si estendessero in tutta la sezione. Ma "registriamo l’ennesimo evento critico in via Sanquirico".

A denunciare l’episodio è Domenico Benemia della segreteria regionale della Uilpa polizia penitenziaria. Dall’inizio dell’anno si sono già verificati due suicidi tra i detenuti, mentre non si contano le aggressioni verbali, quando non fisiche, contro gli agenti.

Situazioni che "stanno scuotendo il sistema e stanno via via togliendo ogni minima certezza sia alla cittadinanza (che si attende rieducazione e certezza della pena) sia agli operatori che a vario titolo lavorano in carcere e che chiedono le minime tutele dal proprio datore di lavoro, ovvero lo Stato".

E ancora: "Noi agenti siamo preoccupati dal disinteresse verso quello che accade ogni giorno all’interno del carcere. Tra suicidi, anche tentati, e aggressioni verso il personale in divisa, c’è un allarme sociale che non vogliamo venga scaricato esclusivamente sulle spalle della polizia penitenziaria".

Per questo "continuiamo a dire che bisogna smetterla con le chiacchiere e le passerelle e dare segno di presenza dello Stato con provvedimenti concreti ed emergenziali che si pongano l’obiettivo di rifondare il modello d’esecuzione penale, e riorganizzare, potenziandolo, il corpo di polizia penitenziaria".

E probabilmente, "più personale permetterebbe maggiori controlli". Secondo il sindacato "è una corsa contro il tempo. E contro i pochi mezzi messi a disposizione".

Senza dimenticare "la follia di delegare al carcere la gestione di persone affette da patologie psichiatriche, cosa che oltretutto comporta l’assenza di cure adeguate per loro e delle condizioni minime di sicurezza per gli operatori penitenziari. Davanti a queste persone siamo ‘disarmati’, senza protocolli operativi d’intervento viviamo in balìa del primo detenuto che decide di dare in escandescenza".

Clima reso ulteriormente teso dalla pandemia e dalle necessarie misure di contenimento dei contagi in un istituto che già normalmente deve fare i conti con una media di 600 detenuti (la metà stranieri) divisi in sedici sezioni, circa 200 in più rispetto alla capienza regolamentare prevista dal Ministero.

Sul fronte della polizia penitenziaria, invece, in via Sanquirico sono in servizio 320 agenti. "Con qualche sacrificio possiamo anche dire di non essere sotto organico, ma con una sezione in più da gestire (l’ex detentivo femminile che dovrebbe ospitare circa 90 persone a ‘custodia attenuata’) sarebbe necessario l’arrivo di almeno altri 30 agenti".