Coronavirus, le super mascherine venute dallo spazio

La Mycroclean produce tute spaziali, ora si è riconvertita e realizza Dpi in fibra di carbonio lavabili in lavatrice fino a 500 volte a 90 gradi

Giacomo Frassica e Milena Baroni titolari dell’azienda Mycroclean

Giacomo Frassica e Milena Baroni titolari dell’azienda Mycroclean

Agrate (Monza e Brianza), 4 aprile 2020 - Diciotto operaie bardate come astronauti cuciono dalla mattina alla sera, fine settimana compreso. Sono la forza di Mycroclean, la ditta delle tute spaziali nata ad Agrate che ha raccolto l’appello del governo e si è messa a produrre mascherine con fibra di carbonio, lavabili in lavatrice fino a 500 volte a 90 gradi, oppure capaci di resistere a 120 sterilizzazioni professionali con raggi Beta o Gamma, e a 100 in acqua bollente come si faceva una volta con le siringhe.

Un vero e proprio argine contro il coronavirus. Il quartier generale si è spostato a Gorgonzola, ma l’anima della ditta resta brianzola. Da anni, è punto di riferimento dei settori più esigenti del mercato che operano in camere sterili: microelettronica, farmaceutica, aerospaziale e da poche settimane, medicale. Fra le sue mura si realizzano indumenti a barriera, di quelli che servono in ambienti ad atmosfera protetta.

E’ cominciato tutto 45 anni fa con Ibm e St, tassello di pregio di Finmeccanica, ancora oggi cliente affezionato della piccola impresa a gestione familiare. A raccogliere la richiesta di aiuto dei colossi dell’informatica e del chip alla ricerca di chi potesse fornire abbigliamento da laboratorio, i fondatori del marchio, Giovanni e Betty Baroni, allora titolari di una piccola lavanderia in città. Marito e moglie accettano la sfida e fanno il grande salto. Ora, al comando ci sono gli eredi, un’altra coppia: Milena Baroni, figlia dei titolari, e il marito Giacomo Frassica, "cugino in seconda del comico più celebre della televisione", dice con una punta di orgoglio.

Non si fermano mai, il telefono squilla sempre, dall’altre parte del filo, ospedali, esercito, fabbriche di tutte le dimensioni, e anche molti vip, decisi a fare incetta delle loro famose protezioni. "Abbiamo aggiunto le mascherine alla nostra produzione – spiega l’imprenditrice -. Prima che scoppiasse l’epidemia sfornavamo 50mila articoli l’anno, adesso con l’inevitabile potenziamento delle forze, li facciamo in una settimana. Ma abbiamo ordini per 30 milioni di pezzi, un terzo del fabbisogno mensile lombardo". Qui, è brevettata persino la cucitura "a barriera", se dovesse cedere un punto, sotto ce ne è un altro d’emergenza. Accorgimenti nati per proteggere gli astronauti che oggi tornano utili nella battaglia contro il Covid.

«Mia madre mi ha insegnato il coraggio, una lezione che abbiamo fatto nostra in tutti questi anni - racconta Milena -. La capacità di adattarci alle esigenze del mercato è uno dei perni sui quali abbiamo costruito la nostra storia. Un valore riconosciuto dalla filiera". La filosofia che qui detta ogni mossa passa dal rigore e da tutti gli accorgimenti che la tecnologia offre. "Decontaminiamo i tessuti e pieghiamo ogni pezzo in stanze ‘pulite’, - sottolinea Giacomo - alla fine le mascherine, come tutto il resto, vengono consegnate sottovuoto". Ma non c’è solo il fatturato. Mycroclean ha donato migliaia di mascherine a medici di famiglia, fra i più a rischio nell’epidemia, e agli ospedali in prima linea, tramite benefattori. "Ma senza le nostre dipendenti, tutte donne, età media 40 anni, non ce la faremmo. Hanno devoluto molte ore di lavoro a favore di infermieri e dottori".