Emergenza Coronavirus: "Io farmacista, febbre e tosse. Niente tampone"

Monza, la denuncia: noi lavoriamo in trincea. "Mio figlio come me, nessuno ci dice cosa fare"

Tamponi

Tamponi

Milano, 21 marzo 2020 - La febbre alta che non passa, la respirazione che «certi giorni è impossibile». E il suo mestiere, il farmacista, di quelli a rischio. Eppure «quando mi sono presentato in pronto soccorso a Monza con mio figlio che come me aveva la febbre, il medico mi ha detto che i parametri non erano quelli del coronavirus. E ci hanno rimandato a casa senza farci neanche il tampone, ma dicendoci di osservare la quarantena». Emanuele Duse parla con la voce spezzata da violenti colpi di tosse. Il respiro a volte gli manca come se stesse annegando ma trova forza e fiato per sfogare la sua rabbia: «Da farmacista in prima linea mi fa imbestialire che non mi abbiano fatto il tampone. Entrambi avevamo febbre oltre i 38 gradi e mezzo da cinque giorni, in più io una importante difficoltà di respirazione». Duse, 60 anni, farmacista a Monza da tre generazioni, è arrabbiato, si sente abbandonato

Perché «nessuno in tutto questo periodo mi ha detto che cos’ho». Nella sua farmacia nel «salotto» della città entrano trecento persone al giorno, «nonostante tutte le raccomandazioni anche nelle ultime settimane i clienti entrano senza guanti né mascherine – denuncia –. Siamo tutti i giorni in trincea. Ci sono colleghi finiti in terapia intensiva, un altro è morto: ma che cosa aspettano a fare il tampone a tutti?». Le sue giornate da una decina di giorni sono in isolamento totale

Nessun contatto con l’esterno. Lui e la sua famiglia. Anche la moglie è farmacista. E anche lei «è ko, ieri il primo giorno senza febbre, ma ha mancanza di respiro. Chissà, forse l’ho contagiata io, oppure è stata contagiata al bancone». La figlia, invece, non ha febbre anche se «ha problemi a sentire odori e sapori, che sono tra i sintomi del contagio». Ecco perché «non riesco a star zitto». Ecco perché «tutta questa situazione è assurda». Ieri Duse ha telefonato all’ufficio farmaceutico dell’Ats Brianza per capire come si deve comportare visto che lunedì, in teoria, finisce il periodo di quarantena.

Quindi, «che faccio? Vado in farmacia a lavorare senza sapere se sono positivo oppure no?». Anche se «al 99% so di esserlo. Tre medici che mi stanno seguendo a distanza sono d’accordo con me alla luce dei sintomi. Oltretutto al pronto soccorso ho riferito di essere stato a stretto contatto con un amico il cui padre è risultato positivo». Per carità, «medici e infermieri stanno facendo uno sforzo immane e un lavoro egregio, ma non è possibile che per una categoria come la nostra e in presenza di tutti quei sintomi non sia previsto il tampone». Ed è «incredibile pure che al numero verde della Regione mi abbiano risposto di contattare il mio medico di base. Serve coraggio per scoprire quante sono per davvero le persone positive in giro, ma la gente ha il diritto di sapere. Per la salute di tutti».