Monza come Beverly Hills? "Una missione possibile"

Ambra Craighero e la sua Old Cinema. "Qui è un set naturale. Un’opportunità che può essere sfruttata non solo per gli spot"

MADE  IN BRIANZA Ambra  Craighero  con l’attore Sergio Rubini sul set di un film

MADE IN BRIANZA Ambra Craighero con l’attore Sergio Rubini sul set di un film

Monza, 20 maggio 2018 - Quando Giovanni Veronesi le ha chiesto se gli potesse consigliare una dimora simile a Versailles ma che non fosse la «solita» reggia di Caserta, Ambra Craighero, la (monzese) signora del cinema, ha subito proposto la Villa Reale. Ma la tempistica stretta e la lontananza dal set, in Basilicata, hanno consigliato il regista a prendere scelte diverse. Resta, comunque, «un’opportunità che può essere sfruttata». Non solo per spot pubblicitari o riprese toccata e fuga. Come quelle che avevano portato la troupe a girare in autodromo solo alcune scene del film «Veloce come il vento» con Stefano Accorsi. Ma «perché la produzione non ha in testa Monza». Quando invece le potenzialità cinematografiche sarebbero infinite.

Basterebbe «creare un sistema in grado di costruire un pacchetto completo insieme con le imprese e gli enti locali». Proprio come ha fatto nelle Marche Carlo Degli Esposti, presidente della Palomar, una delle principali case di produzione in Italia di fiction (una su tutte «Il commissario Montalbano») e film per il cinema. «Il giovane favoloso» su Giacomo Leopardi è diventato l’esempio della «felice collaborazione tra produzione e territorio: il film che valorizza il territorio e il territorio che valorizza il film», spiega Degli Esposti. «Abbiamo fatto una grande promozione con gli Industriali e 6 imprenditori hanno investito nel film», innescando poi anche un sistema virtuoso di cineturismo – continua Degli Esposti -. Ci vantiamo di non avere mai commesso errori nei rapporti con gli enti pubblici locali e abbiamo portato ricchezza. Del resto i budget di un film si devono costruire con tanti apporti. Bisogna muoversi come stormi e non come lupi. Serve professionalità, intelligenza e coraggio».

Il coraggio di rompere gli schemi e crearne di nuovi. Di far diventare un lavoro prima solo artistico anche manageriale. Perché anche i luoghi devono avere il loro manager non soltanto gli artisti. È da qui che Ambra Craighero ha deciso di partire, cinque anni fa. Con una agenzia – Old Cinema – capace di rileggere, a favore di cinepresa, gli spazi urbani e di ottimizzare le produzioni. «Un progetto nato da una parte dall’esigenza delle case di produzione di avere dei servizi e dall’altra dalla possibilità per le imprese di investire nel cinema», le linee di Ambra. Nata orgogliosamente «sulla strada», ha costruito il suo progetto (che l’ha portata anche sulle colonne del New York Times) con una squadra di collaboratori «scelti con l’istinto» proprio come Lucio Dalla che aveva creato il suo staff «scegliendolo col naso» come diceva lui stesso.

Old cinema è il punto di incontro in un mondo in cui i fondi pubblici della Film Commission ruotano attorno a Milano e ai laghi. I 2 milioni all’anno della commissione lombarda vengono spacchettati in piccoli bandi e concorsi. Finiscono dispersi. E allora «le imprese possono abbattere la formula della dipendenza dal pubblico – la proposta di Craighero -. In un territorio così densamente industrializzato sarebbe bello innescare un circolo virtuoso, per far diventare Monza e la Brianza la nostra Beverly Hills». Siamo a un product placement 5.0, un modello evoluto addirittura nel location placement: «Non stiamo parlando più del semplice inserimento di prodotti come occhiali o macchine ma della promozione di un’intera azienda e del suo territorio – chiarisce Ambra -. Al di là delle detrazioni fiscali del 30% sull’investimento in un film, ci sono grandi opportunità di marketing. Ogni azienda, ogni territorio, ha un suo vestito e noi andiamo a cucire addosso quel vestito». Creando identità. Valore. E business. E qui «le occasioni e i soldi ci sono, basta saperli andare a prendere e investirli bene, senza disperderli, anche con la collaborazione dell’Amministrazione pubblica». Ci sono le imprese e c’è un territorio che di per sé è un gigantesco set. «

C’è il parco con tutte le sue stagioni, i suoi prati e le sue ville che potrebbe ospitare una storia ambientata in campagna senza dover andare nelle campagne tosco-emiliane – racconta Craighero -. E poi la Villa Reale, l’ex Macello così come le tante fabbriche abbandonate che architettonicamente possono diventare location per costruire il set». Luoghi abbandonati ma anche grandi aziende in attività che potrebbero anche offrire parcheggi per la base della troupe e corrente elettrica. E ancora, nella sua guida alla Monza cinematografica, Ambra appunta non solo paesaggi ma anche luoghi urbani: «L’autodromo, le cantine del Quattrocento di Meregalli sono un gioiello, il Molino Colombo crea la sua suggestione, anche il Tourné di via Bergamo ha una grande personalità da cinema. O l’albergo Il Fantello, con il suo glicine in fiore avrebbe il suo fascino per un girato da cui verrebbe fuori l’animo contadino da «Albero degli zoccoli»». E gli interni? «Qui ci sono case di ringhiera e ville lussuose che fanno concorrenza a Milano, solo che qui l’affitto per le riprese costa dieci volte meno». È a portata di mano. Comprese le ditte che possono fornire maestranze, comparse e servizi di accoglienza. E il turismo. Un paio di esempi per far allargare l’inquadratura? «Con Braccialetti Rossi – riprende il produttore Degli Esposti - , Fasano per tre anni è stata invasa da scolaresche che aspettavano gli attori durante le pause e nell’attesa facevano i compiti sotto gli ulivi».