Morta dal chirurgo estetico: chiesto il rinvio a giudizio

Dopo l’anestesia la donna aveva avuto un arresto cardiaco risultato fatale. Secondo la Procura il dottore avrebbe agito con imperizia e superficialità

Maria Teresa Avallone

Maria Teresa Avallone

Seregno (Monza e Brianza), 22 febbraio 2020 - Chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo del chirurgo estetico per la morte della 39enne spirata dopo tre giorni di coma per un arresto cardiaco che l’aveva colpita durante la preparazione con anestesia locale a un trattamento di sollevamento dei glutei. Dovrà presentarsi il 2 aprile all’udienza preliminare al Tribunale di Monza Maurizio Cananzi, che opera in uno studio di medicina estetica a Seregno. È lì che il 5 marzo scorso Maria Teresa Avallone, impiegata all’ospedale San Raffaele di Milano e residente a Desio, si era recata per un trattamento in day hospital di rialzo dei glutei con fili sottocutanei. Non era la prima volta che si sottoponeva a piccoli ritocchi, anche con somministrazione di anestesia locale. Ma quel giorno, pochi minuti dopo la somministrazione della sostanza per addormentarla, la donna è andata in arresto cardiaco.

Immediatamente il chirurgo, che in quel momento si trovava da solo con la paziente all’interno dell’ambulatorio, ha iniziato il massaggio cardiaco e ha chiesto l’intervento del 118. Poi l’arrivo dell’ambulanza e il trasporto all’ospedale San Gerardo di Monza, dove la 39enne è stata ricoverata nel reparto di Neurorianimazione. Ma è morta l’8 marzo senza mai riprendere conoscenza. Secondo la richiesta di rinvio a giudizio firmata dalla pm della Procura di Monza Sara Mantovani, il chirurgo sarebbe responsabile per negligenza, imperizia e "inosservanza delle leggi guida" nel settore della medicina estetica, perché "da solo, senza ausilio di personale medico o paramedico" non sarebbe riuscito a mettere in atto un adeguato intervento di emergenza a fronte di un "attacco convulsivo dopo l’iniezione" di anestetico che ha causato nella 39enne "una crisi tonica" facendola "rovinare al suolo dal lettino" a causa di un’insufficienza respiratoria.

L’imputato avrebbe quindi "omesso di controllare le vie aeree" di Maria Teresa, che ha smesso per 30 minuti di respirare andando incontro alla morte cerebrale. "L’assistenza del chirurgo estetico è stata troppo basica, essendo un medico doveva sapere che non bastava solo il massaggio cardiaco - sostiene Antonio Avallone, fratello di Maria Teresa, che di professione fa l’avvocato - Si parla anche di un farmaco che avrebbe potuto combattere le convulsioni. Lui il farmaco ce l’aveva nello studio, avrebbe dovuto iniettarglielo, ma non si è dimostrato sufficientemente preparato a reagire all’emergenza e in più era anche da solo". Antonio Avallone è pronto a presentarsi davanti alla giudice per le udienze preliminari monzese Emanuela Corbetta per costituirsi parte civile a favore di se stesso e degli altri familiari di Maria Teresa. All’udienza Maurizio Cananzi dovrà invece decidere se scegliere un rito alternativo o rischiare il rinvio a giudizio.