Monza, il Centro maltrattamenti ha riaperto: già 18 donne hanno chiesto aiuto

Molte, oltre alle violenze subite all’interno di case spesso inadeguate, sono rimaste senza lavoro

Anna Levrero, presidentessa del Cadom (Centro aiuto donne maltrattate) di Monza

Anna Levrero, presidentessa del Cadom (Centro aiuto donne maltrattate) di Monza

Monza, 29 giugno 2020 - Dopo un mese e mezzo dalla riapertura sono 18 le donne che per la prima volta hanno bussato alla porta del Centro aiuto donne maltrattate: donne reduci da mesi di clausura al fianco di mariti, compagni o padri violenti; ma anche donne che si trovano in una condizione di fragilità per aver perso il posto di lavoro (spesso in nero).

Nasce da questa nuova condizione l’idea del Cadom di realizzare una pubblicazione on line dove sono spiegati in modo semplice i Dpcm e i relativi uffici sul territorio (nei Comuni di Monza, Villasanta e Brugherio) dove richiedere contributi, documenti, informazioni. Il testo si intitola “Cadom ti informa. Distanti ma non sole: la vita quotidiana in tempi di Coronavirus“. Pillole informative sul sito del sodalizio per scoprire le misure di sostegno al reddito, come muoversi per il pagamento di bollette e mutui in caso di difficoltà, le nuove scadenze delle tasse, i bonus spesa e i bonus affetti, le delibere della Regione in tema di Covid.

«Novanta pagine per orientarsi nell’universo della pubblicazione amministrazione in questo delicato momento storico - spiega Anna Levrero, presidentessa del Cadom di Monza -. Nei primi quindici giorni del lockdown le donne sono sparite, poi pian piano sono ritornate con un servizio a distanza. La necessità di essere ascoltate non è mai venuta meno, avevano bisogno di essere rassicurate".

Non sono mancati , purtroppo, anche casi di violenza. "Per fortuna si sono contati sulle dita di una mano: segnalazioni che sono arrivate dal Pronto soccorso e dalle forze dell’ordine". Dai racconti raccolti emerge che l’esasperazione si è fatta sentire: donne chiuse in casa, spesso in abitazioni piccole dove non c’era privacy per tutti i componenti, alle prese con la didattica a distanza, magari anche con lo smart working e la mancanza di computer per tutti.

«Adesso emergono nuovi problemi. Molte donne hanno bisogno di aiuti, ma non sanno districarsi nei meandri della burocrazia. Molte, che facevano piccoli lavori domestici, sono rimaste senza un’occupazione. La maggior parte sono italiane. Le donne chiedono a quali bonus possono accedere e un aiuto nella compilazione dei documenti".

Le violenze domestiche, e in particolare quelle nei confronti delle donne, sono sicuramente aumentate durante il lockdown rimanendo per lo più sommerse vista la crescente difficoltà (problema già esistente in condizioni di “vita normale“) per molte donne di poter denunciare rinchiuse in case spesso piccole e non ideali per affrontare lunghi periodi di isolamento famigliare.