Centri commerciali chiusi, l’appello a Conte

L’amministratore delegato di Kasanova, catena nata in Brianza, ha scritto al premier per non penalizzare solo determinati negozi

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di Marco Galvani

"Egregio presidente Conte, fino all’ultimo ho sperato che riconoscesse gli sforzi fatti fino ad ora da chi, come me, è imprenditore. In realtà, mi ritrovo ancora una volta nella condizione di dover lottare per lavorare in un mercato, ahimè, non equo". Inizia così la lettera inviata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte da Maurizio Ghidelli, amministratore delegato di Kasanova. Uno sfogo da prendere "come una forma di protesta gentile, ma accorata". E una domanda: "Perché chiudere i centri commerciali anche a dicembre (nei giorni festivi e pre-festivi, unico caso in Europa)? Si diceva che avremmo fatto sacrifici a novembre per poter riaprire i negozi a dicembre - scrive Ghidelli -. Per negozi credo sia giusto intendere tutti i punti vendita, senza discriminazioni e senza distinzioni fatte sulla base della collocazione in centro storico piuttosto che in un centro commerciale".

Il numero uno di Kasanova - marchio nato nel 1968 ad Arcore, allora con il nome F.lli Fontana, 550 negozi (diretti per il 41% e affiliati per il 59%) che nel 2019 hanno prodotto un fatturato di oltre 300 milioni di euro - non è spaventato dalla gestione di circa 2mila dipendenti con un’età media di 33 anni "sentendone tutta la responsabilità sulle spalle", ma è preoccupato da queste "disuguaglianze che si riverberano sulla possibilità di fare bene il proprio mestiere".

Oggi "alcune decisioni del Governo possono compromettere la stabilità di aziende come la mia". Nei centri commerciali "chiudono i negozi, ma restano aperti i supermercati che possono vendere tutte le categorie merceologiche – continua Ghidelli -. E’ chiaro che in questo modo l’offerta del supermercato resta l’unica scelta possibile per il consumatore che trova tutti i punti vendita in galleria chiusi. Senza contare il fatto di lasciare la strada spianata al solito Web non italiano che approfitta del mercato grazie a queste decisioni destabilizzanti".

Ecco perché Ghidelli rivolge al premier Conte la preghiera di "appianare urgentemente queste disuguaglianze che rendono impossibile alla classe imprenditoriale di competere tra pari. Ci lasci lavorare in un mercato libero, non accresca un sentimento di ingiustizia e non scateni lecite dietrologie". Anche perché la linea del fronte è compatta. Uno schieramento contro "una disposizione assolutamente illogica", sbotta Roberto Zoia, presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali. Ormai "siamo più mortificati che arrabbiati, ma certamente non siamo disposti ad arrenderci. Dalla riapertura del 18 maggio sino a fine ottobre sono stati fatti importanti investimenti sulla sicurezza sanitaria andando anche oltre quanto previsto dal Comitato tecnico-scientifico. In ogni centro commerciale ci sono i contapersone, i bolloni a terra per garantire il distanziamento, proviamo la temperatura ai clienti e ogni notte vengono sanificati gli impianti di climatizzazione. Invece il Governo preferisce far ammassare la gente nelle vie dello shopping dei centri storici".