Protesi e corruzione, il luminare Manzini a processo

Il Policlinico si è costituito parte civile, intanto hanno patteggiato due medici accusati di reclutare i pazienti

Claudio Manzini, luminare nei traumi al ginocchio

Claudio Manzini, luminare nei traumi al ginocchio

Monza -  Solo il Policlinico di Monza si costituisce parte civile al processo al Tribunale di Monza per la presunta corruzione sulle protesi ortopediche, dove la difesa degli imputati annuncia di opporsi alle intercettazioni che la Procura intende utilizzare. Dopo i 4 patteggiamenti tra 2 anni e 8 mesi e 3 anni e 4 mesi ddegli allora chirurghi ortopedici del Policlinico Marco Valadè e Fabio Bestetti, del responsabile commerciale in Italia dell’azienda francese delle protesi Ceraver Denis Panico e della stessa società, ora alla sbarra si trovano il chirurgo ortopedico Claudio Manzini, luminare nei traumi al ginocchio, in servizio agli Istituti clinici Zucchi, tre dirigenti francesi della Ceraver e il responsabile commerciale per la Lombardia Marco Camnasio.

Le accuse sono di associazione per delinquere e corruzione. Secondo le indagini della guardia di finanza di Milano, coordinate dalla pm Manuela Massenz, Panico e Camnasio, col placet dei tre dirigenti francesi, sarebbero i promotori e organizzatori dell’associazione per reclutare medici disposti a scegliere le loro protesi, offrendo come corrispettivo denaro e altre utilità. Bestetti e Valadè si sarebbero attivati per utilizzare le protesi e per contribuire alla ricerca di medici di base disponibili. Bestetti era anche accusato di essersi attivato presso la clinica convenzionata GB Mangioni Hospital di Lecco, dove si era spostato, anche per promuovere l’utilizzo di protesi ‘Samò’, a loro volta vendute da Camnasio e Panico. Valadè avrebbe anche sponsorizzato un integratore prodotto da Camnasio. Meno pesante la posizione di Manzini, accusato di aver preso parte alla corruzione ma nella fattispecie meno grave di “corruzione nell’esercizio di una funzione” relativamente all’uso delle protesi (che sarebbero state utilizzate soltanto se di reale utilità), e di aver agito per “atti contrari ai doveri d’ufficio” nel prestarsi per le visite negli ambulatori dei medici di base o per avervi inviato medici del suo staff, allo scopo di reclutare nuovi pazienti.

Dopo il patteggiamento , per Bestetti e Valadè si sta aprendo un nuovo capitolo: dovranno rispondere delle accuse di lesioni dolose in relazione a 91 interventi chirurgici (15 Bestetti, 76 Valadè) effettuati al Policlinico di Monza (struttura sanitaria completamente estranea alla vicenda) e in una clinica di Ivrea su pazienti provenienti da tutta Italia: per l’accusa li avrebbero convinti dell’assoluta necessità di impiantare una protesi all’anca o al ginocchio nonostante l’intervento chirurgico fosse superfluo. Entrambi i chirurghi assicurano però di avere sempre agito "per il bene dei pazienti".