"Casi Covid al minimo, vaccini al massimo E da settembre ritorneremo alla normalità"

Mario Alparone, direttore Asst Monza: "Doveroso che ora i nostri operatori abbiano il riposo che si meritano. L’obiettivo? Il record del 2019"

Migration

di Marco Galvani

"I pazienti Covid ricoverati al San Gerardo sono scesi a 22 e nessuno è in terapia intensiva. Ovviamente abbiamo sempre un reparto tamponi con 15 posti dedicati e manteniamo 6 letti di terapia intensiva Covid, ma i numeri dei ricoveri di oggi sono un lusso. Nell’ultima settimana sono stati ricoverati ‘solo’ 3 pazienti Covid e ci sono state 3 giornate con zero ingressi. Una situazione sicuramente molto importante che ci fa ben sperare rispetto alla possibilità di riprendere il sentiero interrotto con la pandemia". Mario Alparone, direttore generale dell’Asst Monza, guarda al futuro con una nuova prospettiva. Lo fa partendo dai numeri, dai dati epidemiologici. Nelle riunioni dell’unità di crisi confronta il dato giornaliero con quello dello stesso giorno di un anno fa: "I numeri sono gli stessi".

Direttore, allora cosa è cambiato? E’ vero che le vaccinazioni hanno un effetto positivo o ci troviamo di fronte a un effetto di stagionalità?

"Le condizioni di oggi sono molto diverse: un anno fa venivamo fuori da un lockdown molto più rigido, mentre oggi è ormai più di un mese e mezzo che abbiamo riaperto con gradualità attività e contatti. Eppure siamo in presenza di dati epidemiologici in netta discesa, quindi questa differenza rispetto alla prima fase ci deve far capire che se non c’è stato ancora un segnale di ripresa dei contagi è anche perché le vaccinazioni stanno facendo la differenza. Secondo i dati di ATS Brianza, dal 5 aprile al 5 giugno abbiamo un tasso di incidenza di positivi e nuovi positivi dell’1,54% sulla popolazione non vaccinata e dello 0,42% su quella vaccinata con almeno la prima dose. Questo vuol dire che siamo a una riduzione di un terzo. Se questo è lo scenario – che non considera l’effetto delle varianti, che può essere sicuramente una variabile da non sottovalutare, ma in questo momento assolutamente contenuta e contenibile – allora si può fare una programmazione di ripartenza. Come ci ha chiesto la Regione".

Qual è il piano di ritorno alla normalità del San Gerardo?

"Il piano che ho predisposto partirà da settembre perché è assolutamente doveroso che i nostri operatori, reduci da oltre un anno molto più che impegnativo, abbiano il riposo che meritano. E’ comunque un piano ambizioso perché ci è stato chiesto di avere dei livelli di produzione sovrapponibili con il 2019, un periodo pre-Covid. Il nostro 2019 è stato un anno dei record: come San Gerardo abbiamo fatto 10 milioni di euro in più rispetto ai livelli di produzione assegnati per contratto. Quindi, confrontarsi con quell’anno è complicato, ma già le prime proiezioni ci posizionano su livelli molto buoni: in programmazione inerziale riusciamo a coprire circa il 90% della produzione 2019. L’ulteriore 10% è un incremento che dipenderà anche da risorse economiche che ci devono essere messe a disposizione da Regione Lombardia. Peraltro nel 2019 non c’erano tutte le disposizioni legate al distanziamento sulla parte ambulatoriale e alla sanificazione sia sulla parte ambulatoriale sia sulla parte di ricovero che invece ci sono oggi. E questo limita, inevitabilmente, la produttività. In ogni caso oggi stiamo esprimendo tutta la possibilità di recupero che siamo in grado di produrre. Sicuramente si può fare di più con i programmi - già adottati lo scorso anno – che prevedevano le sale chirurgiche anche il sabato e gli ambulatori aperti fino alle 20 (cosa che ci ha permesso di recuperare 54mila prestazioni ambulatoriali saltate durante la prima ondata di contagi). Tuttavia questo passa da quelle risorse aggiuntive che confido Regione Lombardia ci riconosca".

Ma come si concilia la ripartenza dell’attività ordinaria dell’ospedale con la campagna vaccinale che sottrae medici e infermieri ai reparti?

"Certamente nel continuo le vaccinazioni non possono gravare ancora e unicamente sugli ospedali. E in questo senso c’è una programmazione regionale che prevederà un autunno in cui la collaborazione con i medici di medicina generale diventerà molto più pervasiva. Così come quella con le farmacie. Attualmente le 17 linee all’hub dell’ex Philips viaggiano su una produzione che varia tra i 2.100 e i 2.500 vaccini al giorno, oltre alle due linee rimaste all’autodromo ma che il 25 luglio saranno chiuse definitivamente. Un impegno che richiede il distacco dall’ospedale di circa 80 tra medici e infermieri. Fortunatamente abbiamo avuto lo straordinario apporto di un’ottantina di specializzandi (anche se possono fare 12 ore settimanale con un massimo di 60 ore mensili): se non ci fosse stata l’università di Milano Bicocca ad aiutarci non saremmo riusciti a garantire il livello di erogazione mostrato. Ovviamente per favorire il piano di ripresa da settembre, queste risorse dovranno rientrare a lavorare in ospedale. E’ necessario che le vaccinazioni diventino una attività territoriale che non può non vedere i medici di medicina generale impegnati in maniera molto più decisa di quanto è stato fino ad ora. Ancora di più se vogliamo che aziende come la nostra si dedichino alle alte specialità".

Il futuro del San Gerardo, infatti, è votato al riconoscimento in Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico.

"Stiamo continuando i nostri colloqui con il Ministero. Ora stiamo lavorando sull’aspetto dell’involucro giuridico: abbiamo predisposto la bozza dello statuto della nuova fondazione Irccs che dovrà essere riconosciuta. I sopralluoghi avverranno a seguito delle valutazioni su questo impianto che abbiamo predisposto insieme alla Regione".

Una prospettiva che segue la visione della riforma della legge regionale 23...

"Il concetto di preservare i cosiddetti ospedali hub o che si devono occupare delle alte specialità lo avevamo espresso con riferimento alla gestione dei pazienti Covid e già aveva avuto una applicazione nella terza ondata dei contagi, quando era stato definito che i posti letto per acuti dovessero gravare per il 60% sugli ospedali spoke (di base) e per il 40% sugli ospedali hub (ovvero quelli destinati a gestire i casi di maggior impegno clinico e assistenziale). Per riuscire a utilizzare al meglio le risorse del sistema sanitario regionale è importante non avere doppioni: serve un ruolo differenziato tra ospedali che si devono dedicare alle alte specialità e ospedali che devono avere un ruolo non meno rilevante di supporto all’assistenza territoriale. Come previsto dalla nuova legge 23. Peraltro l’assetto che abbiamo in Brianza facilita già molto queste logiche di distribuzione intelligente delle attività, con il San Gerardo che si deve dedicare alle alte specialità e una Asst (quella che riunisce gli ospedali di Vimercate, Desio e Carate) che si deve occupare di gestire tutte le attività di dimensione territoriale su livelli di erogazione sanitaria di base. In questo quadro, poi, certamente l’ospedale Vecchio di Monza sarà un presidio rilevante dove poter concentrare i servizi di via Boito e via De Amicis".