Carnate, il cantiere fantasma di Villa Banfi

Una gru arrugginita vetri in frantumi, cornicioni crollati e un container pieno di rifiuti

ABBANDONO Scritte alle pareti e rifiuti ovunque

ABBANDONO Scritte alle pareti e rifiuti ovunque

Carnate, 11 agosto 2018 - La gru arrugginita che guarda dall’alto la bella addormentata è il simbolo dell’inattività che da anni ha avvolto la maestosa villa Banfi, abbandonata a un restauro che non è mai stato fatto. Nella solitudine, il degrado regna sovrano. Le pareti davanti all’ingresso monumentale del cortile interno sono diventate una grande tela per i writer: scritte e scarabocchi fatte con lo spray sono dappertutto. Il cantiere fantasma è fermo da 10 anni. Mentre tutto attorno le cose vanno in rovina. Un colabrodo: si entra e si esce come si vuole. Fortuna che sono stati sbarrati gli ingressi nelle stanze che fino al 2006 hanno ospitato gli uffici comunali. Ora è terra di nessuno nel cuore del paese. Dove vivono indisturbati i piccioni, che hanno coperto l’intero complesso con i loro escrementi. I segni del decadimento: vetri delle finestre in frantumi, fili che penzolano dai tre edifici che disegnano un’architettura a U, teloni pieni di polvere, persiane rotte, cornicioni crollati, pareti scrostate. Su quello che una volta era un prato, c’è un container pieno di rifiuti che nessuno svuota.

Qui una volta c’era il municipio, il cuore della vita civica. Poi nel 2006 fu stipulata una convenzione di 5 milioni per il restauro tra Comune e Edilvirbi Sas, in cambio di alcune concessioni edilizie, palazzine gialle costruite non molto lontano, dietro la piazza. Per la villa invece tutto si è inceppato. Il Comune nel 2006 traslocò in via Italia. La settecentesca dimora fu chiusa in attesa dei lavori la cui conclusione era prevista per 2014. L’anno dopo gli uffici comunali sarebbero dovuti ritornare nella loro vecchia sede. Invece sono ancora in via Italia. Il costruttore con la crisi del mattone esplosa nel 2008 si è trovato in difficoltà. Così la parte pubblica dell’operazione, il restauro, è stata sacrificata. E nessuno sa come venirne fuori.

L’attuale sindaco, Daniele Nava, al suo secondo mandato, si è ritrovato la patata bollente in mano, preparata dalla precedente amministrazione, e ha cercato di trovare una soluzione. «L’ho promesso ai carnatesi», dice. Il recupero di Villa Banfi è il punto forte del suo programma, datato 2016. È anche riuscito qualche anno fa a far riprendere i lavori. Sembrava fosse riuscito a rimettere la pratica sui binari giusti. Invece il treno del restauro si è ancora una volta fermato. Tra le carte che ha in mano c’è il riaffidamento dell’appalto. La Villa, quando e se verrà riaperta, tornerà a essere sede del municipio. Costruita nel 1865, fu la villa di delizia dei marchesi Fornari che rimasero a Carnate sino alla metà del XIX secolo, quando la proprietà passò dapprima alla famiglia Prinetti e successivamente, verso la fine dell’Ottocento, ai nobili Banfi, possessori di fondi agricoli e cascine. A Carnate costruirono alla fine dell’Ottocento due opifici per la lavorazione della seta. Fondata a Milano nel 1888, la Società Bernardo & Lorenzo Banfi aggiunse la filanda e il filatoio di Carnate agli altri impianti veneti e friulani. Pochi anni dopo, nel 1912, furono avviati i lavori di ammodernamento e ampliamento della villa padronale, con la contestuale costruzione di un nuovo edificio all’ala nord-ovest, di ispirazione neorinascimentale. Un fabbricato adiacente, forse ottocentesco, fu attrezzato per l’allevamento del baco da seta, attività necessaria ad integrare le risorse del personale a servizio della ricca famiglia. E fu realizzata l’impiantistica necessaria, tra cui i castelli di legno a graticcio e le stufe per mantenere la temperatura.