Calvino tra parabole e minuetti "Prendiamoci la nostra libertà"

L’attore e regista Mario Perrotta sul palco del teatro Manzoni di Monza con il suo ultimo spettacolo: il desiderio ancestrale di non avere vincoli si scontra con quello di chi ha idee e parole diverse dalle nostre.

Calvino tra parabole e minuetti  "Prendiamoci la nostra libertà"

Calvino tra parabole e minuetti "Prendiamoci la nostra libertà"

di Cristina Bertolini

Libertà è una parola che segna con forza la nostra contemporaneità, soprattutto dopo l’isolamento durante la pandemia. Oggi, ognuno di noi vorrebbe essere libero. Libero di fare, libero di muoversi, di autodeterminarsi. Questo desiderio profondo di libertà si scontra con la libertà di chi sta accanto, di chi ha idee diverse, di chi usa modi diversi per esporre il suo pensiero. E allora dopo “Libertà rampanti, da Sofocle a Calvino“, Mario Perrotta torna a parlare di libertà, con un focus sull’opera di Italo Calvino con il nuovo spettacolo “sCalvino o della libertà“. L’attore e regista sarà al teatro Manzoni di Monza oggi alle 21 (biglietti 5 euro).

"Il titolo – spiega Perrotta – è un mio omaggio a Calvino, preso, scardinato “scalvinato“ e ricomposto, non in maniera didascalica, ma in un percorso autonomo". Tra i tanti abitanti delle pagine dei romanzi di Calvino, Mario Perrotta sceglie quello meno libero: il Nano deforme a cui è dedicata una pagina del romanzo “Lo scrutatore“. Ha un corpo, una lingua e una mente che non rispondono alla sua urgenza di dire e di agire, insieme alle altre anime sbagliate che Calvino incontra nel 1953, durante una visita al Cottolengo di Torino. Calvino ne fa una pagina meravigliosa che resta lì, isolata. Invece Perrotta ne ha fatto il protagonista che avendo alcune libertà, scorre attraverso i testi partendo dal barone rampante, al visconte dimezzato, fino a Palomar, alla ricerca del senso di libertà e autodeterminazione, per scoprire che noi che siamo liberi di dire e di agire, facciamo un pessimo uso di questa libertà. Il Nano domina il palco, elevato su una struttura metallica. Nient’altro in scena.

"Da questo lungo ri-percorrere la sua opera – spiega l’autore – ne ho voluto trarre, come sempre ho fatto con i classici, un componimento originale per dare corpo e carne e teatro a quegli interrogativi sulla libertà, sull’autodeterminazione che in modo costante attraversano tutti i capolavori di Italo Calvino. E in realtà, rileggendolo da adulti, ne svela una visione pessimista". L’opera teatrale tocca il tema dell’amore, immaginando che il Nano si innamori di un personaggio immaginario, suor Antica, ma non essendo in grado di comunicare non lo può esprimere e così non può manifestare neanche il suo essere vivo e quindi non è libero. C’è il tema dei social usati e abusati in relazione al tema del corpo: ritocchiamo ossessivamente l’aspetto sui social e poi devastiamo il corpo fisico tra bere, mangiare e fumare. Il percorso letterario di Calvino viene riassunto e sublimato attraverso la musica, dal classico al jazz alla trap con cui, in poco più di 3 minuti, si racconta “Il cavaliere inesistente“ in una lettura contemporanea di un’armatura senza corpo e di un corpo che non sa di esistere, come noi dietro una tastiera, mentre fingiamo l’esistenza. Il Nano si accorge che gli spettatori spostano l’attenzione sui device, per una vita che non è quella del corpo.