Monza, Nino Barillà: "Reggio, il calcio, la famiglia. La mia vita"

Parla uno dei prezzi pregiati del mercato del nuovo Monza targato Fininvest prelevato direttamente dalla serie A

Antonino Barilla (foto Ac Monza Buzzi)

Antonino Barilla (foto Ac Monza Buzzi)

Monza, 11 ottobre 2020 - Nino non ha mai avuto paura di tirare un calcio di rigore. Figurarsi se poteva averne ora ad accettare di venire a Monza per portarlo per la prima volta nella sua storia in serie A. Trentadue anni, una carriera importante (95 partite in A, 280 in B, 7 nelle Nazionali giovanili), e soprattutto una famiglia solida, per cui farebbe di tutto, Antonino “Nino” Barillà è arrivato come uno dei pezzi pregiati dell’ultimo calcio mercato del nuovo Monza targato Fininvest.

In fondo, è sempre stato un ragazzo di Calabria.

“Sono nato e cresciuto al quartiere Catona”.

A due passi dallo Stretto…

“È nella parte nord, a una quindicina di chilometri dal centro di Reggio. Tutti i ragazzi di Catona che giocano a pallone hanno un sogno nel cuore, un’ambizione: militare un giorno nella squadra della propria città”.

Lei ci è riuscito.

“Giocavo nella Scuola Calcio di Catona, ci ero andato con mio cugino, feci tutta la trafila delle Giovanili: fino a quando a un torneo mi videro i dirigenti della Reggina e mi portarono lì”.

Era fatta?

“Non proprio, a un certo punto rischiai di finire fuori, volevano tagliarmi, pensavano non fossi pronto ma poi…”

Poi?

“Due ragazzi della Reggina non riuscirono ad andare a un torneo, dovevano riempire i buchi e allora mi richiamarono”.

E?

“E fui il miglior giocatore di quel torneo, lo vincemmo. E i dirigenti tornarono sui propri passi. Ci vuole anche un po’ di fortuna”.

Il meglio doveva ancora venire.

“Dalle giovanili fummo aggregati in 4 alla prima squadra. L’allenatore era Mazzarri. E ci ritrovammo a far parte del gruppo che fu chiamato a conquistare la salvezza nell’anno della penalizzazione da 11 punti… Un’esperienza eccezionale, da brividi, ci sentivamo parte integrante dello stesso progetto, tutti sullo stesso piano: facemmo il record di punti, come vincere uno scudetto”.

Barillà divenne un idolo della tifoseria.

“Era la squadra della mia città, una cosa bellissima, ci giocai a più riprese”.

In mezzo tante esperienze. Ravenna, Sampdoria, Trapani…

“A Genova fu l’anno più brutto della mia carriera dal punto di vista calcistico, ma non da quello umano: mi trovai a fare scelte importanti, diventai uomo”.

Cioè?

“Eravamo ultimi e io non giocavo. E quando mi si offrì l’opportunità di tornare a casa, di tornare nella mia Reggio Calabria, anche se in serie B, non ebbi dubbi. Avrei potuto restare in A, ma decisi di tornare nella mia terra”.

Torniamo alle origini. La sua famiglia?

“Mio padre ha un negozio di ortofrutta, mia mamma è direttrice delle Poste. E ho due fratelli minori, il più grande fa il broker a Milano e la piccola studia”.

La passione per il calcio?

“Viene da mio papà: faceva il portiere, era arrivato sino alla serie C e da piccolo mi portava lui al campo di allenamento. Era il mio modello, ho iniziato da portiere pure io, ma mi ha sempre lasciato la massima libertà”.

Oggi è esterno o trequartista. Quanto conta il calcio per Lei?

“E’ la mia vita, per me è tutto. Mi ha formato, mi ha insegnato a essere uomo, anche confrontarmi con grandi campioni è stato importante. Ricordo ancora il giorno in cui Mazzarri mi fece esordire in serie A con la Fiorentina, avevo 16 anni: un sogno”.

Ventisei aprile 2009, il suo primo gol in A.

“La data non la ricordavo, ma il gol sì... Reggina-Juventus, 2-2, portai in vantaggio gli Amaranto, di testa segnai… a Buffon. Meraviglioso”.

All’ultima esperienza, al Parma, ha conquistato la A.

“Un gruppo incredibile: mi ricorda molto i ragazzi che ho trovato ora al Monza. Fu difficile, all’inizio, avevamo cambiato molti giocatori. Un po’ come adesso, ma alla fine fu una cavalcata magnifica”.

In serie A è più dura, cosa direbbe ai suoi compagni?

“Ci vuole tanta concentrazione, devi dare il 120%, se fai un minimo errore vieni punito”

Fuori dal campo?

“La famiglia. Tutta la settimana penso al calcio, ma appena ho un minuto libero sto con i figli: Giuseppe, 5 anni, lo porto già a giocare a calcio, anche se un giorno dovrà scegliere lui cosa vuole fare. Come mio padre, non voglio fare pressioni. E con la piccola Rachele, un anno e 2 mesi, vado al parco giochi. Mia moglie Sabina (Amato, ndr) ha aperto un negozio di scarpe e un bar a Reggio”.

L’hanno lasciato solo a Monza?

“(ride), noo, sono venuti con me!”.

Dura cambiare latitudini?

“Abbiamo trovato casa in centro a Monza e una scuola per i bambini. La famiglia è tutto, appena riesco do una mano in casa, voglio che anche mia moglie possa avere un po’ di tempo libero. Cucinare no, al massimo so fare due uova, ma per tutto il resto mi arrangio… sono l’uomo di casa”.

Andrà a conoscere Monza, i suoi monumenti magari?

“Queste cose… piacciono di più a mia moglie, io sono un tipo molto casalingo. Però siamo già andati a farci qualche passeggiata in centro, Monza è bella”.