Buoni semi nel frutteto dietro le sbarre

Trenta alberi di susine piantati dagli stessi detenuti: 200 hanno un lavoro che permette loro di guardare al futuro

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di Marco Galvani

Molti, quando entrano in carcere, sono convinti che ‘mostrare i muscoli’ sia il modo coraggioso per reagire.

Pensano che rubare o commettere altri reati sia la cosa migliore che sanno fare. Poi, però, entrano in contatto con un sistema che, pur tra mille difficoltà legate al sovraffollamento e alla carenza di agenti ed educatori, lavora per restituire dignità sociale a chi ha sbagliato.

Perché "l’uomo della pena non è l’uomo del reato". Un luogo, il carcere di Monza, dove si semina per "investire sulle persone". Un ‘terreno fertile’. Dove piantare nuove opportunità, oltre che un frutteto con 30 alberi di susine donati dalla Fondazione Snam per alimentare il progetto del nuovo frutteto sostenuto dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria.

Li hanno piantumati gli stessi detenuti che "con passione e attenzioni quotidiane" curano l’orto e tutte le aree verdi dentro al muro di cinta di via Sanquirico.

La conferma che "questo è un serbatoio di grandi risorse per il territorio", le parole della direttrice della casa circondariale di Monza Maria Pitaniello.

Il suo carcere è un alveare in continua attività: su 600 detenuti, 200 hanno un lavoro retribuito che "permette loro di sostenersi durante la detenzione e di provvedere anche alla propria famiglia". Venticinque lavorano all’interno dell’istituto, assunti da aziende esterne.

Altrettanti hanno la possibilità di uscire durante il giorno per andare a lavorare. Mentre 150 sono assunti dall’Amministrazione penitenziaria e si occupano delle manutenzioni, delle pulizie, della lavanderia e della cucina.

In via Sanquirico vengono anche assemblate cartellette e minuteria metallica, alcuni detenuti sono impegnati a digitalizzare documenti scritti a mano e nel laboratorio di falegnameria vengono realizzati oggetti, mobili e persino casette.

"Questa è l’immagine del carcere come luogo di crescita, sviluppo e occasione di risocializzazione – la soddisfazione del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana –. Il progetto del frutteto crea condizioni di recupero e valorizzazione della funzione educativa e riparativa e sensibilizza sull’innovazione in agricoltura, attuando uno dei principi della rivoluzione green che prevede rimboschimento e coltivazione in aree urbane generando anche benefici per l’ambiente".