Lo splendore della Brianza ai tempi del “Grand Tour"

Oggi alle 17 lo studioso Pietro Dettamanti sarà ai Musei Civici per raccontare il terrirotio nelle pagine dei viaggiatori stranieri in Italia

Monza, costumi d'epoca a villa reale

Monza, costumi d'epoca a villa reale

Tra il Seicento e il Settecento il Grand Tour era considerato il culmine della formazione per i rampolli delle classi elevate. Venezia, Roma, Napoli. Quasi nessuno parlava della Brianza. Tra i viaggiatori aristocratici del Grand Tour, che si muovevano con larghi mezzi e potevano contare su una vasta rete di relazioni e di conoscenze nelle principali città, ci fu il barone di Montesquieu, che nel 1728 visitò Milano e nelle sue note di viaggio nominava alcune residenze signorili della Brianza, delle quali era stato ospite, come la villa Borromeo di Senago e la villa Scotti di Oreno. "Di quest’ultima, Montesquieu apprezzò in particolare il giardino, che si ripropose di imitare nel suo castello della Brède in Aquitania", annota Pietro Dettamanti, studioso del viaggio in Italia e membro del Centro interuniversitario di ricerche sul viaggio in Italia. Oggi alle 17 (ingresso libero; prenotazione obbligatoria sul sito www.museicivicimonza.it) sarà ai Musei Civici per raccontare "Monza e la Brianza nelle pagine dei viaggiatori stranieri in Italia". Terra rimasta in disparte sino alla fine del Settecento con i viaggi ‘romantici’ che diventano anche esperienze quasi esistenziali. I primi ‘turisti’ raccontano la Brianza come un "Eden incontaminato". Nel 1789, continua Dettamanti, "fece tappa a Milano l’agronomo inglese Arthur Young, che lasciò approfondite annotazioni sulla realtà economica e sociale delle città e delle campagne lombarde. Le terre della Brianza restarono al di fuori del suo itinerario ed egli si limitò a una visita a Desio alla villa dei marchesi Cusani, ammirandone l’architettura e gli splendidi giardini, che colpirono la sua sensibilità di viaggiatore nordico per i pergolati di limoni e le spalliere di aranci, carichi di frutti. Fermatosi a Desio per il desinare, Young scriveva di aver mangiato delle trote, fatte venire "fresche dal lago di Como"". Anche se nella sua ‘Guida pei monti della Brianza’ Ignazio Cantù scriveva che la "poca cura degli alberghi" era generale in Brianza e aggiungeva: "Una eccessiva quantità di bettole, di taverne, assorbe il più della popolazione e impedisce che si preparino osterie meno ineleganti, alloggi meno incomodi, letti meno disagiati".