Banca della 'Ndrangheta, l'accusa regge: usura e riciclaggio di denaro sporco

Seveso, erano state 40 le persone arrestate nell'operazione dell'AntiMafia di Stefania Totaro

E' intervenuta la polizia

E' intervenuta la polizia

Desio (Monza), 12 settembre 2014 - Chiusa l'inchiesta per il presunto «banchiere» della ’ndrangheta e i suoi sodali. La Procura della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha firmato la chiusura delle indagini sulla «reggenza-bis» del «Locale» di Desio dopo la valanga di arresti del 2010 per l’inchiesta «Infinito» che ha spezzato l’organizzazione mafiosa in Brianza. Una ventina i brianzoli che erano stati arrestati nel marzo scorso dalla Polizia di Milano, che ha eseguito complessivamente una quarantina di ordinanze di custodia cautelare, sequestrando anche beni e società per un valore di una decina di milioni di euro. A prendere in mano il testimone lasciato dopo l’arresto dal capo del «Locale» di Desio Annunziato Moscato (condannato in appello con il rito abbreviato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa) è stato secondo gli inquirenti Giuseppe Pensabene, che si avvaleva della collaborazione di Domenico Zema, genero di Annunziato Moscato ed ex consigliere comunale nelle fila di Forza Italia a Cesano Maderno, carica da cui si dimise nel 2000 quando fu arrestato per associazione di stampo mafioso, accusa da cui però è stato prosciolto.  Entrambi erano stati arrestati insieme ad altre 8 persone, mentre altrettanti erano finiti agli arresti domiciliari. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, usura, estorsione, corruzione, esercizio abusivo del credito, intestazione fittizia di beni e società. L’organizzazione criminale avrebbe infatti creato in capo a Pensabene, abitante a Seveso, una vera e propria banca clandestina, in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell’usura, grazie ad un’ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari.

Praticando l`usura ed il riciclaggio di flussi di denaro di provenienza delittuosa, l’organizzazione, oltre ad esportare capitali in Svizzera e a San Marino, li avrebbe reimpiegati acquisendo il controllo di attività economiche, in particolare nel settore edilizio, dei trasporti, della nautica, delle energie rinnovabili, del commercio, della ristorazione e degli appalti e lavori pubblici. Non per niente Giuseppe Pensabene è paragonato dai suoi sodali alla «Banca d’Italia» e ad una «lavanderia» per il riciclaggio di denaro.  Tra gli altri arrestati in Brianza anche Rosario Marrone, di Desio, mentre agli arresti domiciliari era finito Alfonso Pio, di Seregno, fratello di Candeloro Pio, ritenuto il braccio destro operativo di Annunziato Moscato, a sua volta arrestato nel 2010 nell’ambito dell’inchiesta «Infinito» dei carabinieri di Monza e del pm della Procura monzese Salvatore Bellomo e condannato in primo grado dal Tribunale di Milano per associazione mafiosa a 20 anni di reclusione, scesi a 18 in appello. In manette anche Fausto Giordano, imprenditore edile di Biassono ritenuto dagli inquirenti un «imprenditore colluso» con la presunta organizzazione criminale perchè, inizialmente vittima, poi sarebbe diventato complice per trarre guadagni dall’organizzazione mafiosa. Accuse tutte negate dagli indagati.