L'assemblea celebra la fusione con Assolombarda ma spunta un ricorso in tribunale

Gli industriali brianzoli si sono riuniti in Villa Reale, assenti i 4 vicepresidenti dell'associazione e un imprenditore ha depositato un ricorso urgente al tribunale di Monza

Andrea Dell'Orto con Gianfelice Rocca

Andrea Dell'Orto con Gianfelice Rocca

Monza 23 giugno 2015 - Comunque la si voglia vedere, favorevoli o contrari, quella di lunedì 22 giugno è stata l’ultima assemblea generale della più antica associazione industriali d'Italia, quella della Brianza. Dopo 113 anni i confini cambieranno. Confindustria Brianza (la vecchia Aimb) si fonderà con Assolombarda è darà luogo alla più grande territoriale a livello nazionale: Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, il nome. Alle 960 aziende brianzole con 45mila addetti e una forte presenza del manifatturiero si andranno a sommare le 4.780 di Assolombarda (280mila addetti) con preponderanza del terziario (i motivi della fusione).

"Una fusione che ci renderà più forti e competitivi con la possibilità di cogliere le sfide che in futuro saranno sempre più globali», ha messo in chiaro il presidente di Confindustria Brianza, Andrea Dell’Orto (leggi l'intervista) che era, non a caso, seduto accanto a Gianfelice Rocca, leader di Assolombarda. "Nel raggio di pochi chilometri intorno a Milano c’è il 25% del Pil italiano. Insieme abbiamo la possibilità di fare il nostro destino. Insieme siamo più forti. Non aspettiamoci troppi aiuti dalla politica. Dobbiamo farcela noi", ha detto Rocca rivolgendosi alla platea. Una fusione presa ad esempio anche dal presidente della Regione, Roberto Maroni: "È un modello a cui faccio riferimento. Le province scompariranno, le competenze probabilmente passeranno a noi. Si parla della nascita di aree vaste, che a me piace chiamare omogenee, che devono essere un ente intermedio. Qui, come fra Lecco e Sondrio, questa operazione si sta facendo". 

E a tenere  a battesimo la nuova associazione c’era il presidente nazionale di Confindustria, Giorgio Squinzi: «Mi pare che la fusione vada nella giusta direzione! Le polemiche? Il tempo ci dirà che questa è la scelta giusta».

Infatti se a Milano ogni votazione (giunta e assemblee) ha avuto l’unanimità (leggi), in Brianza c’è stato un braccio di ferro fra favorevoli e contrari con ricorsi interni, e non solo. Lunedì mattina infatti un ricorso d’urgenza è stato presentato al tribunale civile di Monza contro la fusione fra Assolombarda e Confindustria Brianza. A depositarlo, propio nel giorno dell’assemblea pubblica degli industriali, sarebbe stato un imprenditore brianzolo del «fronte del no» (chi sono), il gruppo di industriali contrario alla fusione. Un ricorso che sarebbe stato depositato e notificato e che ora dovrà essere analizzato da un magistrato per verificare se ci siano appunto i termini «d’urgenza». In questo caso le procedure potrebbero essere «congelate» (la firma per la fusione è prevista davanti a un notaio fra settembre e ottobre) in attesa di entrare nel merito. Oppure il magistrato può stabilire che non esistano questi presupposti. Ma le carte bollate potrebbe non fermarsi qui. In ogni caso il ricorso metterebbe insieme tutti le eccezioni fatte dai contrari alla fusione negli ultimi mesi che vanno dal voto nell’assemblea generale privata di 2 settimane fa (secondo i contrari ci sarebbe voluta la presenza del 75% degli associati) alla mancata sostituzione di 2 delegati del Comitato della piccola industria (non ammessi, a torto o a ragione, alla Giunta del 21 maggio) oltre a verifiche sulla durata della carica elettiva del presidente Dell’Orto.

E sotto il tendone allestito nel prato della Villa Reale di Monza per l’assemblea, spiccava l’assenza dei 4 vicepresidenti di Confindustria Brianza: Matteo Parravicini (presidente della Parà), Gabriella Meroni, presidente del Comitato della piccola impresa di Confindustria Brianza, Alessandro Maggioni, presidente del Gruppo giovani di Confindustria Brianza, e Alberto Dossi, presidente della Sapio. I loro nomi figuravano fra un elenco di 30 associati (fra cui tutto il settore legno-arredo) firmatari di una lettera aperta nella quale spiegavano le ragioni del «no» alla fusione.

Un'aggregazione poi suggellata da un voto combattuto in Giunta (24 voti a favore 21 contrari e 2 astenuti) e poi dall’assemblea generale privata di due settimane fa: 2243 favorevoli (pari all’89,58%), 234 contrari (9,35%) e 3 astensioni (0,12%) alla quale però molti sfavorevoli alla fusione non avevano partecipato invocando un quorum di almeno il 75% degli associati per una decisione così importante (leggi).

Vicende che hanno distolto l'attenzione sui dati diffusi ieri durante l'assemblea generale. In Italia il valore aggiunto manifatturiero negli ultimi 4 anni è calato del 5,5%; la produzione dal 2010 è diminuita dell’8,2%. In questo scenario la Brianza è ora la sesta area industriale d’Europa e la terza in Italia (dietro soltanto a Brescia e Vicenza), con un valore aggiunto del settore manifatturiero superiore a 7,4 miliardi di euro l’anno. Non solo. Il 20,3% delle imprese manifatturiere della Brianza sono «imprese resilienti», cioè aziende che oggi presentano valori di fatturato e marginalità superiore ai valori pre-crisi. 

In Italia le imprese manifatturiere resilienti (periodo 2007-2013) sono comprese tra il 5% e il 10%. Guardando le caratteristiche delle imprese resilienti si evidenzia che queste producono il 27,9% di tutto il fatturato manifatturiero della Provincia e si concentrano nei settori: metalmeccanica (39% del totale delle imprese resilienti), legno-arredo (14%), tessile e abbigliamento con il 7,8%, chimica (6,8%) e gomma-plastica (6,8%). Il 92,2% delle aziende resilienti sono piccole e medie imprese. Nonostante la crisi il settore manifatturiero brianzolo si conferma uno dei più produttivi d’Italia. La Provincia di Monza e Brianza è la prima in Italia per valore aggiunto per occupato nel settore manifatturiero con 75.000 euro, davanti a realtà industriali importanti come Bergamo, Brescia e Varese (circa 60.000 euro). In media le imprese brianzole esportano quasi 10mila euro per residente, contro una media italiana di poco più di 6.200 euro.

Negli ultimi cinque anni le esportazioni della Provincia sono cresciute del 20,6% contro una media italiana del 18,4%. In valori assoluti, nel 2014 il settore manifatturiero ha esportato prodotti per oltre 8,59 miliardi di euro (circa il 35% del Pil provinciale, contro il 23% medio nazionale). Quasi il 70% dell’export manifatturiero della Brianza è diretto verso l’Europa. Germania, Francia e Svizzera da sole assorbono quasi il 40% del totale. Il 9% è diretto verso i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Questi Paesi hanno una prospettiva di crescita del Pil del 6,7% all’anno fino al 2020.