Monza, asilo revocato per il furto di una maglietta: il Tar 'assolve' il rifugiato

Sconfessato il prefetto: "Il bottino è trascurabile, ingiusto punire per così poco"

Il prefetto della Brianza, Giovanna Vilasi

Il prefetto della Brianza, Giovanna Vilasi

Monza, 20 giugno 2018 - Aver rubato in un negozio vestiti per un valore di 26 euro non basta per revocare la misura di accoglienza a un richiedente asilo. Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, annullando il provvedimento del prefetto di Monza, Giovanna Vilasi, che aveva deciso di togliere all’immigrato, proprio sulla base di quel fatto, la possibilità di chiedere asilo politico.

Perché un «furto di merce di esiguo valore» non è un comportamento che può «creare ripercussioni rilevanti anche sul piano dell’ordine e della sicurezza pubblica» o «destabilizzare la convivenza all’interno di un centro di accoglienza». L’immigrato, rappresentato dall’avvocato Francesca Moccia di Monza nel ricorso davanti al Tar contro la decisione della Prefettura del giugno 2017, era arrivato in Italia nel 2015 e, in attesa della definizione del procedimento sulla richiesta di asilo politico, era stato ospitato prima in un centro di accoglienza e poi in una struttura temporanea sempre per richiedenti asilo a Villasanta nel Monzese. L'accoglienza, però, gli era stata revocata per avere rubato «alcuni capi di abbigliamento del valore complessivo di euro 26,71» il 29 maggio 2017 all’Oviesse di Monza. Furto per cui era stato denunciato dal Commissariato di polizia. Nella sentenza la seconda sezione del Tar (presieduta da Silvana Bini) spiega prima di tutto che la Procura di Monza per quel reato ha chiesto l’archiviazione per improcedibilità, in quanto il negoziante non aveva presentato querela. E poi chiarisce, però, che la misura di accoglienza per il migrante va confermata, con annullamento del provvedimento della Prefettura, non per l’archiviazione dell’inchiesta penale, ma perché un fatto del genere non comporta ripercussioni sulla sicurezza. E l’autorità amministrativa con la sua decisione, secondo il Tar, non ha rispettato il «principio di proporzionalità» previsto dalle normative europee. La revoca dell’asilo, infatti, avviene solo per «violazione grave e ripetuta delle regole» o per «comportamenti gravemente violenti».