Monza, la proposta degli artigiani: Covent Garden nelle aree abbandonate

L'idea è di trasformare una delle 44 superfici dismesse nella cittadella di botteghe, laboratori ed eventi

Un angolo di Covent Garden a Londra

Un angolo di Covent Garden a Londra

Monza - ​Aree dismesse da assegnare alle micro-imprese di produzione, spazi commerciali per l’artigianato aperti al turismo, formazione mirata di giovani e adulti sui bisogni reali delle aziende. L’artigianato vuole tornare a scommettere in una Monza ormai diventata a quasi totale vocazione residenziale e terziaria. Oggi nel capoluogo della Brianza sono attive 2.316 imprese artigiane, in calo negli ultimi anni: 2.323 (1.761 ditte individuali di cui 1.145 italiane e 616 straniere; 562 società) l’anno scorso, 2.453 nel 2020. Ma la manifattura, nelle parole del segretario generale dell’Unione artigiani Marco Accornero, è convinta che ci possa essere ancora spazio nel tessuto urbano.

Segretario, da dove si può partire? Ripartiamo dalle 44 aree dismesse in città. Manifatturiero oggi è non è più sinonimo di inquinamento atmosferico e acustico. Certamente le ditte del chimico e del metalmeccanico devono necessariamente trovare spazio in zone idonee, ma la stragrande maggioranza delle micro e piccole attività e delle start up - penso come primo esempio all’artigianato artistico, abbigliamento, al settore della casa come dei servizi alla persona, le attività digitali, la green economy - possono restare nella città per creare valore e lavoro".

Sul fronte urbanistico la nuova Amministrazione comunale ha annunciato un cambio di passo rispetto al passato. "I capannoni oggi abbandonati in città sono fuori norma e hanno costi di gestione e manutenzione enormi. Oggettivamente si fa prima a rifarli che a ristrutturarli. Si può vedere questa situazione come un’occasione, la riqualificazione urbanistica oggi prevede un mix di presenze di servizi, residenziali, imprese e verde pubblico".

Quali sono le proposte che avete consegnato alla Giunta Pilotto? "Abbiamo provato a immaginare un Covent Garden centrale in stile londinese pensato per l’artigianato artistico, alimentare, sostenibile dove i prodotti possano nascere personalizzati sotto gli occhi dei clienti e dove ci siano contestualmente spazi per presentazioni, concerti, ristorazioni. Un luogo che attirerebbe talenti, con uno sguardo ovviamente sulla Brianza, e turismo. Ci sarebbero aree straordinarie per realizzarle, penso alle Serre della Villa Reale e ai Boschetti Reali o anche ad alcuni giardini e aree pubbliche che necessitano di una presenza viva. Ci sono risorse economiche importanti che potrebbero essere messe a disposizione ad esempio col bando regionale per lo sviluppo dei Distretti del commercio".

Le connessioni con Milano possono essere una strada da valorizzare? "Prendendo ispirazioni da alcune esperienze positive in corso a Milano e cercando anche spunti nuovi, pensiamo a spazi comuni nei quali gli artigiani possano sviluppare attività di co-working e diventare un punto di riferimento per alcune zone della città, in particolare per il settore casa e manutenzioni. Occorre certamente un grande sforzo e come associazione possiamo mettere in campo tutti gli sforzi. Gli artigiani storicamente fanno fatica a mettersi in rete, ma le cose stanno cambiando specie tra le nuove generazioni".

Al di là della prospettiva, qual è la priorità attuale? "Le aziende non trovano personale: non solo quello specializzato, ma nemmeno giovani interessati a iniziare. Su questo tema in particolare abbiamo apprezzato la visione pragmatica del sindaco che propone anche lo sviluppo di piani di formazione di corsi in digitale per la riqualificazione professionale, il coinvolgimento di esperti da affiancare ai nuovi imprenditori, lo sviluppo degli istituti tecnici e la creazione di una rete tra le esperienze dei centri di formazione professionale del territorio, a partire dalla valorizzazione della Scuola Borsa".