Ambrosini, il cocktail firmato e i toscani per Raul Castro

I 100 anni del bar di piazza Carducci fondato da Ernesto, olimpionico di atletica. La cassoeula offerta agli operai alle 6 e le “confessioni“ di banchieri e imprenditori

Migration

di Cristina Bertolini

L’Ambrosini compie cent’anni. Un secolo di storia. E di storie. Avvolte nel profumo dei Cubani e ’scritte’ nei racconti del fondatore, l’Ernesto olimpionico di atletica negli anni Venti, tramandati dal figlio Nando - che prese in gestione il bar nel 1951 - e dai nipoti. Ernesto e Antonella. Che l’altra sera, insieme a tanti amici storici, hanno voluto festeggiare il traguardo centenario. Ora la gestione è passata alla famiglia Vilardo: "Papà, mamma e due figli, proprio come eravamo noi", ricorda Antonella. Nel tempo il locale ha avuto alcuni ritocchi, ma l’atmosfera accogliente è rimasta sempre la stessa. Le foto d’epoca sono rimaste al loro posto. Testimonianza della storia. Il bar Ambrosini non era un semplice esercizio commerciale. Era un punto di ritrovo per appuntamenti, crocevia di scambio di opinioni e molto altro. Ernesto era uno specialista di sigari e ricondizionava i toscani italiani in modo che sembrassero morbidi come i cubani. La sua tecnica era così convincente da essere ricercata persino da Raul Castro, durante una festa all’ambasciata italiana a Cuba. Ernesto ha portato a Monza l’abitudine dell’aperitivo, con una sua specialità particolare.

"Nel 1924 il nonno Ernesto preparava un cocktail a base di Campari, Vermouth e Gin – racconta Antonella –. Purtroppo non è stato registrato, ma ha avuto tanto successo che qualcuno ha pensato bene di copiarlo e 7 anni dopo è nato il Negroni, con la stessa identica ricetta". Antonella ricorda la vita di cortile tra piazza Carducci e via Teodolinda: lì c’erano gli Ambrosini, i Messa, eredi di nonno Nino, titolare del ristorante Messa, la famiglia Casati della fototecnica accanto e poi tutti i clienti, conosciuti uno a uno. Il locale era sempre aperto tranne a Natale e a Ferragosto. E allora i clienti andavano a trovare Nando a casa. D’inverno la serranda si alzava all’alba. Alle 6 arrivavano gli operai delle fabbriche monzesi che smontavano dal turno di notte: il Nando offriva loro la cassoeula e pagavano solo da bere. D’estate, invece, cocomerata per tutti.

Era un personaggio Nando: gli piaceva intrattenersi con la “sua gente“, aveva una battuta e una barzelletta pronta per tutti. "Qualche volta si formava la fila fino fuori – ricorda Antonella – e se qualcuno aveva fretta... che andasse altrove". In realtà tutti lo conoscevano e gli volevano bene anche per quel suo carattere un po’ spigoloso.

Il bar era meta di ritrovo di operai, imprenditori, banchieri, forze dell’ordine e piloti dell’autodromo. "Ecco lui è l’ultimo Ambrosini – racconta Antonella indicando il figlio Riccardo –. Porta il nome di Riccardo Paletti, mio grande amico, pilota di Formula Uno che perse la vita in un incidente al Gran premio del Canada nel 1982". Degli Ambrosini si ricorda persino un pompelmo: la pianta regalata da mamma Felicita ad Antonella e da lei a Floricultura Chiaravalli che ne ha fatto una specie con frutti rosa naturali, divenuti quasi una produzione carateristica. Il pompelmo Ambrosini.