Ambasciatore ucciso in Congo, gli amici: "Ultimi mesi di gavetta, poi sarebbe tornato"

Il racconto di chi lo conosceva bene: era rimasto quello di sempre, non si atteggiava mai, nonostante fosse diventato ambasciatore

Luca Attanasio (Facebook)

Luca Attanasio (Facebook)

Limbiate, 24 febbraio 2021 - A casa in smartworking, coi bambini da accudire, Daniela stava seguendo distrattamente il telegiornale mentre preparava il pranzo, quando sullo schermo è apparso quel volto amico da più di quarant’anni. «Eravamo all’asilo insieme, ci siamo ritrovati all’università e ci siamo laureati nello stesso giorno", racconta ancora sotto choc, il giorno dopo. Daniela Ianfascia è cresciuta assieme a Luca Attanasio: le scuole insieme, la compagnia in città prima al pomeriggio, poi la sera o nei weekend, il percorso di studi condiviso, fino al traguardo della laurea, il 18 aprile 2001, con Linda Betto di Paderno Dugnano e Silvia Ferrigno di Senago.

"Eravamo un gruppo bellissimo, studiavamo insieme e non ci siamo mai persi di vista. Ancora oggi, che ognuno ha preso la sua strada, ci sentiamo spesso e almeno una volta all’anno ci incontriamo, verso Natale. Luca non voleva mai mancare, nonostante i suoi impegni. Era un ragazzo speciale, sempre sorridente, sempre ottimista, sempre positivo. Mi ha accompagnato al mio matrimonio con una Jaguar, ho dei ricordi bellissimi, come tutti gli amici con i quali voleva sempre restare in contatto e coi quali era il Luca di sempre e non si atteggiava mai, nonostante fosse diventato addirittura ambasciatore. Questi erano gli ultimi mesi di gavetta, come diceva lui, a settembre sarebbe scaduto il suo quarto anno di mandato in Congo e sarebbe rientrato a Roma sicuramente per qualche mese prima di una nuova destinazione in un Paese meno a rischio, o forse anche per sempre, restando a lavorare al Ministero degli Esteri. Invece ieri mattina l’ho visto in Tv e mi si è gelato il sangue".

Particolarmente toccato anche l’ex senatore Alfredo Mantica, oggi presidente della Ong Avsi, che lo accolse quand’era sottosegretario al Ministero degli Esteri nel 2004. "Entrò come assistente, ma poi per me diventò come un figlio. Mi accorsi subito che era una persona speciale, aveva delle doti uniche. Vinse il concorso per il corpo diplomatico al primo tentativo, mentre lavorava. Una mente speciale, ma soprattutto una persona dedita al suo lavoro con orgoglio e impegno. Già al primo incarico in Svizzera, conquistò subito la stima dell’ambasciatore che non voleva farlo andare via. Luca era uno di quelli che non elencava i problemi, ma li risolveva. Mi aveva colpito fin da subito per la sua laurea in Economia che non è tipica di chi vuole lavorare nella diplomazia. Mi disse che avrebbe voluto lavorare all’estero per un’azienda, ma poi aveva deciso di lavorare all’estero per l’Italia".

«Siamo rimasti sempre in contatto - continua Mantica -, sono andato anche a trovarlo a casa quando ha avuto quel brutto problema di salute due anni fa. Lo scorso anno, con il Covid, ha organizzato personalmente il rimpatrio di molti italiani, allestendo un volo charter, li ha chiamati uno ad uno per avvisarli, era davvero un uomo speciale. Quando ci capita di prendercela con funzionari pubblici, dovremmo ricordarci che però esistono anche quelli come Luca Attanasio, che sono la parte migliore di questo Paese".