Lambro sorvegliato speciale, la lezione dell’Emilia Romagna: "Mai abbassare la guardia"

Prudente il capo della Protezione civile di Monza, in missione nelle terre alluvionate: "In questi anni abbiamo fatto tanti passi avanti, ma di fronte a eventi estremi non ci sono molte difese"

Protezione Civile al lavoro nel 2002

Protezione Civile al lavoro nel 2002

“Il problema del fiume Lambro è legato alla raccolta delle acque anche della rete di paesi e strade estesa su un territorio molto urbanizzato come la Brianza. E nel caso di precipitazioni estreme come sono avvenute in Emilia Romagna, anche qui sarebbe stato un disastro". Nei giorni dell’emergenza in Emilia Romagna emerge ancora una volta la questione di quanto il territorio sia esposto ai rischi idrogeologici, una condizione ben conosciuta anche a Monza e che viene ribadita da Mario Stevanin, ingegnere e responsabile della Protezione civile comunale, un gruppo di prevenzione e intervento costituito 20 anni fa, dopo la peggiore esondazione del Lambro dell’ultimo mezzo secolo, quando il fiume invase a novembre 2002 il centro storico causando milioni di danni e anche una vittima.

Stevanin, insieme a altri sei volontari monzesi, è da domenica in uno dei paesi maggiormente colpiti dall’alluvione, a Sant’Agata sul Santerno, assieme al gruppo coordinato dalla provincia di Monza e Brianza che ha portato attrezzature e aiuti per la popolazione romagnola sfollata, ma prima di partire il responsabile della Protezione civile di Monza ha spiegato anche lo scenario di rischio presente sul territorio attraversato dal Lambro.

«In Brianza bisogna considerare il bacino del Lambro non limitato alla sola asta del fiume – spiega Stevanin – ma esteso su un’area molto più ampia in cui arriva acqua da tutto il territorio. Se piove molto, l’acqua che eccede dalla rete di tubature di raccolta lungo le strade finisce nel Lambro e quando ce n’è troppa è un problema".

Dall’esondazione del 2002 sono stati fatti molti passi avanti e oltre alla costituzione di un gruppo di Protezione civile sono stati realizzati interventi lungo il fiume. "Uno dei più importanti è stato il rifacimento del Cavo Diotti, quindi della diga che regola l’immissione di acqua dal lago di Pusiano al Lambro. Poi è stata realizzata la vasca di laminazione a Inverigo ed è in costruzione quella della cava di Brenno. Importante è poi l’introduzione dal 2017 delle norme regionali sul principio di invarianza idraulica: a fronte di un’opera che impermeabilizza un terreno, va realizzato un intervento che preveda il drenaggio o la raccolta di quell’acqua non smaltita dall’opera realizzata". Dopo il 2002 c’è stata un’altra esondazione del Lambro a Monza nel 2014, ma con conseguenze molto meno gravi e "questo per effetto soprattutto della preparazione della popolazione ad affrontare l’emergenza. Monza ora è più protetta in caso ci siano ancora forti precipitazione come avvenuto nel 2002 o nel 2014. Ma, come si vede in questi giorni in Emilia Romagna, non lo è nel caso di quantità di pioggia mai viste prima. Di fronte a eventi estremi non ci sono molte protezioni – chiarisce il responsabile della Protezione civile –. Per questo è importante la cultura della prevenzione tra le persone e sul territorio".

Ad aiutare ci sono anche le nuove tecnologie e, in particolare, i droni di cui da anni Stevanin è pilota. "In caso di emergenze i droni possono essere molto utili e soprattutto sono sicuri: possono servire per cercare persone o fare controlli in zone rischiose senza mettere in pericolo degli operatori. Poi, per la cosiddetta fase di assessment, permettono di ispezionare in modo dettagliato i territori e usando appositi sensori si riescono a raccogliere informazioni di ogni tipo sul terreno o i danni alla vegetazione". Mentre rispetto alle attività di prevenzione "i droni – conclude Stevanin – garantiscono la possibilità di monitorare il territorio, raccogliere immagini precise e fare analisi accurate in un modo semplice, rapido e anche poco costoso senza dover organizzare sopralluoghi di persona complessi o anche pericolosi".