Monza, Alessio Martino: "Le arti marziali mi hanno salvato dai bulli. Ora aiuto i ragazzi"

L’adolescenza difficile nel quartiere di San Rocco e il rifugio nel muay thai: il 41enne si divide tra la cattedra all’Alberghiero e la palestra per allenare i suoi atleti all’equilibrio e a evitare i guai

Alessio Martino, 41 anni

Alessio Martino, 41 anni

Monza - "I ragazzi devono essere coinvolti in attività sane. Devono essere allontanati dalla solitudine della loro cameretta, dal mondo parallelo dei social e dalle brutte compagnie. Devono essere catapultati nel mondo reale fatto di studio, sport e sani valori. Bisogna riempire la loro giornata di belle opportunità di crescita, così quando la sera tornano a casa hanno solo voglia di cenare e di andare a riposare". A parlare è Alessio Martino, 41 anni, campione di muay thai e docente all’Istituto alberghiero Olivetti di Monza dove insegna accoglienza turistica. Un’adolescenza passata a fare i conti con i bulli del suo quartiere, San Rocco. Lui vittima dei più forti che si è rifugiato nelle arti marziali per fortificare non tanto il fisico quanto il carattere e resistere ai soprusi. Poi la gioventù, scandita da studio, palestra, gare, rigore a tavola e rinunce di uscite con gli amici. Sacrifici poi ricompensati dalle vittorie in Italia e all’estero. Martino da sempre è molto attento e sensibile all’universo giovanile e da oltre dieci anni organizza nelle palestre (e prima ancora al centro civico di via Lecco) corsi di muay thai, di autodifesa ma anche e soprattutto corsi per allontanare i più giovani dalla strada. In questi giorni Martino ha parlato con i suoi alunni in classe e in palestra del drammatico episodio del ragazzino che settimana scorsa alla stazione di Seregno è stato spinto sotto al treno.

Come hanno reagito i ragazzi? "Il fatto li ha colpiti molto. Erano senza parole. Ma quello che maggiormente li ha preoccupati è quando, riflettendo insieme, ho spiegato loro che basta davvero poco per trovarsi da una parte o dall’altra".

In che senso? "Basta un nulla, per esempio un messaggio, per trovarsi improvvisamente dalla parte della vittima. Ma è altrettanto facile trovarsi nel gruppo di chi quel gesto scellerato e gravissimo lo compie. E le conseguenze a quel punto sono molto gravi. Quell’adolescente è stato miracolato, ma porterà per tutta la vita i segni di quella esperienza".

Come fare per non finire nel gruppo sbagliato? "Non è facile, soprattutto per i ragazzi di questa generazione. Io lo insegno ogni giorno: servono responsabilità e buone maniere. Quelle buone maniere che si apprendono a scuola nei corsi di chi decide, come i miei studenti, di lavorare a contatto con i clienti. Però non è semplice. Sono circondati da esempi tutt’altro che positivi, come cantanti che inneggiano al non rispetto delle regole o serie televisive dove vengono esaltati i malavitosi. Ma in quelle canzoni e in quei film ci si dimentica di spiegare anche le conseguenze di quelle azioni criminali, che rovinano la vita di tanti giovani".

Come fa ad allontanare i ragazzi dalla strada? "In questi anni ho organizzato e continuo a proporre anche grazie al sostegno della mia scuola, corsi di anti-bullismo al di fuori dell’orario scolastico. Corsi dove non si apprendono solo le tecniche basilari dell’autodifesa, ma dove si affronta un percorso preciso di confronto, dialogo, recupero dell’autostima, rispetto dell’altro. Regole fondamentali nello sport che devono essere declinate nella vita di tutti i giorni".

In questi anni è riuscito a salvare qualche ragazzo dalle brutte compagnie? "Sì e alcuni sono poi anche diventati amici e continuano a frequentare i miei corsi in palestra. Sono cresciuto nella Monza degli anni Ottanta e Novanta, nel quartiere Cederna. Per me lo sport è stato fondamentale. E tra i tanti giovani ‘salvati’ ricordo un ragazzo di San Rocco cresciuto in un ambiente dove era facile finire in brutte compagnie. Lui però non ci è caduto. Veniva agli allenamenti, frequentava assiduamente la palestra e poco tempo fa mi ha scritto ‘Mi hai salvato la vita’.

Chi devono essere i modelli per gli adolescenti? "I modelli devono essere quegli amici che io avevo in periferia. Ragazzi cresciuti in ambienti non certo semplici ma che malgrado tutto hanno avuto la forza di rispettare le regole, di scansare le brutte compagnie anche se si sono ritrovati soli, riempire la giornata con lo studio e con lo sport e che oggi sono diventati professionisti di successo perché non si sono fatti ammaliare da falsi miti".

Una ricetta per ‘salvare’ i ragazzi dalla strada? "Ascoltarli e confrontarsi con loro. Lo so, sono un papà anche io, non è facile. Manca il tempo, ma bisogna trovarlo perché di mezzo c’è il futuro dei nostri ragazzi. Sogno una scuola full time, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18. Con ragazzi impegnati tutto il giorno nello studio, nello sport, nella preparazione dei compiti senza il rischio di avere pomeriggi liberi durante i quali si è in giro a bighellonare".