Ucraina, un'altra giornata di sangue e orrori ma il tavolo della diplomazia è aperto

Sulle tre proposte russe (neutralità, Crimea e Donbass) pesano l'assedio di Kiev e le bombe su Mariupol, che hanno riacceso il conflitto. Oggi tregua umanitaria per le evacuazioni

Rifugiati in fuga dalle città

Rifugiati in fuga dalle città

Kiev - Dopo due settimane di guerra, Putin deve prendere atto che il suo progetto di chiudere la campagna d’Ucraina in 15 giorni è in affanno. Complice l'imprevista resistenza del Paese aggredito, da un lato. ma anche la crescente compattezza dell’Europa e della Nato. Usa e Patto Atlantico hanno però finora oculatamente evitato un coinvolgimento militare, dalle conseguenze imprevedibili, che portano fino al tunnel dell’incubo atomico. Ma hanno comunque sostenuto militarmente l’Ucraina, con l’invio di armi, e soprattutto attaccato con l’artiglieria pesante sul fronte economico, mettendo in seria difficoltà la Russia con sanzioni senza precdenti. Ecco forse uno dei motivi che ha spinto Putin ad accelerare sul tavolo diplomatico. 

Fretta di chiudere

La Russia sembra avere insomma una certa fretta di chiudere. E se non ha potuto farlo ancora sul terreno, il piano sembra quello di portare a casa almeno il più possibile. Tre le richieste chiave di Mosca: Crimea russa, Donbass e Lukasnsk repubbliche indipendenti, ma soprattutto inserire nella Costituzione la neutralità dell’Ucraina, mai nella Nato. Caduta la richiesta che avrebbe fatto saltare ogni negoziato, ovvero la testa di Zelensky, è lo stesso presidente ucraino ad aprire, definendo possibile un compromesso sulle tre richieste russe. Pace quasi fatta dunque? Mica tanto, perché le bombe continuano a cadere, soprattutto sulla città martire di Mariupol, e l’assedio a Kiev si stringe. Insomma, trattare sotto attacco, non è facile.

Le pressioni internazionali

Molte anche le pressioni internazionali, da Israele alla Cina, perché si firmi una pace che stabilizzi un’economia mondiale in forte dissesto, come dimostrano i crolli dei listini e gli aumenti delle materie prime energetiche. Il governo ucraino vive con «cauto ottimismo» la presa di posizione di «rispetto dell’integrità territoriale» da parte della Cina per quanto riguarda l’attacco militare russo: lo ha affermato il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, in un’intervista concessa alla televisione pubblica spagnola (Tve). «C’è uno sforzo diplomatico della Cina», ha aggiunto Kuleba, «ma abbiamo bisogno di segnali più concreti».

Si combatte anche nelle foreste dell'Ucraina
Si combatte anche nelle foreste dell'Ucraina

Il risveglio degli Usa

Sull’altra sponda dell’Atlantico oggi si è risvegliato un Biden da giorni attendista. Il presidente Usa alza il tiro e dopo aver affossato il Nord Stream 2 inasprisce la guerra energetica con Mosca colpendo «la maggiore arteria dell’economia russa per dare un altro potente colpo alla macchina da guerra di Putin» contro l’Ucraina. Dalla Casa Bianca, indossando una cravatta con i colori ucraini, ha annunciato un ordine esecutivo che vieta l’import in Usa di petrolio, gas e carbone russi, oltre a nuovi investimenti americani diretti o indiretti nel settore energetico di quel Paese, mentre tutte le major si sono già ritirate (ultima la Shell). 

Il crollo del rublo

«Putin non vincerà, potrà conquistare alcune città ma non un intero Paese», ha ammonito il commander in chief, sottolineando che ora, grazie all’onda d’urto delle sanzioni, il rublo «vale meno di un penny». Una mossa emulata da Londra, che si è impegnata ad azzerare le sue forniture di gas e petrolio dalla Russia già entro la fine del 2022, mentre secondo i media giapponesi anche Tokyo sta studiando una misura analoga. Mosca ha risposto subito con la minaccia di una rappresaglia.

L'embargo petrolifero

 «In caso di un embargo petrolifero, abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione corrispondente e imporre un embargo sul pompaggio di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1», tagliando così l’approvvigionamento dell’Europa, ha avvisato il vicepremier russo Aleksandr Novak. Poi lo zar ha gelato tutti firmando un decreto che dà mandato al governo di stilare entro due settimane una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import di prodotti finiti e materie prime «per salvaguardare la sicurezza della Russia».

Migration

Il capitolo profughi

Si apre poi il capitolo profughi. In tredici giorni di guerra sono arrivati dall’Ucraina in Ue due milioni di rifugiati, tanti quanti ne arrivarono in due anni di emergenza profughi, nel 2015 e 2016. E l’Europa si attende almeno altri cinque milioni di arrivi nei prossimi giorni: per fronteggiare l’emergenza la Commissione ha messo in campo una serie di provvedimenti. Il primo riguarda il sostegno umanitario: si tratta di 500 milioni di euro a carico del bilancio dell’Ue per affrontare le tragiche conseguenze umanitarie della guerra, sia all’interno che all’esterno dell’Ucraina.

Gli aiuti umanitari

L’importo comprende aiuti umanitari per 90 milioni, di cui 85 milioni per l’ Ucraina e 5 milioni per la Moldova, che sono già in arrivo per fornire cibo, acqua, assistenza sanitaria e alloggi, e contribuire a soddisfare le esigenze di base delle persone più vulnerabili. Inoltre i fondi per gli affari interni per il periodo 2021-2027 apporteranno agli Stati membri risorse supplementari per garantire strutture di accoglienza adeguate e procedure di asilo efficaci. La Commissione propone inoltre di prorogare il periodo di attuazione dei finanziamenti a disposizione degli Stati membri a titolo dei fondi per gli Affari interni per il periodo 2014-2020, il che consentirebbe di mobilitare circa 420 milioni di euro di sostegno aggiuntivo.

Il dramma dell'infanzia

Dall'inizio della guerra, tredici giorni fa, un milione di bambini ha dovuto lasciare l` Ucraina, e di questi 8mila e 500 sono già arrivati in Italia. Un esodo “senza precedenti, quasi da fare intimidire quello visto in Siria qualche anno fa”. Bambini che “corrono dei rischi enormi, lo stiamo dicendo da giorni come Unicef, perché lungo tutto questo tragitto sono esposti a pericoli, a violenze, al traffico d`organi, ad essere ridotti in schiavitù o portati chissà dove. Questa è una situazione veramente pericolosa, ecco perché, con l`aiuto delle altre agenzie delle Nazione Unite, delle municipalità e delle organizzazioni umanitarie“.

Registrare i bambini

“Li stiamo registrando lungo tutto il perimetro dei Paesi confinanti con l`Ucraina: è fondamentale registrare questi bambini, per poi procedere, eventualmente, più avanti, ad un ricongiungimento familiare o, comunque sia, per proteggerli in strutture adatte. L`importante è non lasciarli soli perché, appunto, potrebbero essere le vittime principali di traffico e tratta, e questo, naturalmente, a bambini già traumatizzati dalla guerra, non lo possiamo consentire”. Lo ha detto a Sky TG24 Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia.