Elezioni in Turkmenistan: il presidente-dittatore (e dentista) cede la poltrona al figlio

Domani, sabato 12 marzo, il voto più scontato al mondo: un candidato vero e otto "pupazzi"

Turkmenistan: una repubblica "dinastica". Stanno per andare in scena - cittadini alle urne domani, sabato 12 marzo - le elezioni presidenziali più scontate del mondo. Il Turkmenistan, fino al 1991 parte dell'Unione Sovietica, chiude l'era di Gurbanguly Berdymukhamedov (più che un nome, un codice fiscale), ma non chiude l'era Berdymukhamedov. L'esito del voto, infatti, è già scritto: al potere salirà il figlio dell'attuale presidente-autocrate, Serdar, in una successione dinastica che conferma la totale mancanza di democrazia nel paese dell'Asia centrale, ricco di gas e di altre risorse naturali. 

Un candidato e otto "pupazzi"

Formalmente in ballo per il voto ci sono nove candidati. Ma, di fatto, non lo sa nessuno. Alcuno spazio è stato dato agli sfidanti di Berdymukhamedov il Giovane nella campagna elettorale. Persino i partiti che hanno presentato candidati - come quello agrario e l'Unione degli industriali e gli imprenditori - si sono guardati bene dal fare campagna elettorale per i loro portabandiera.  Il dubbio, semmai, è a quanti decimi dal 100 per cento si fermerà il prossimo presidente. Il quale potrebbe essere niente di più che un avatar del padre, alla guida del Paese da più di 15 anni.

Tale padre, tale figlio

Di Serdar Berdymukhamedov non si sa nulla: è un quarantenne conosciuto sotto l'ala protettiva del padre. D'altronde, anche di Gurbanguly si sapeva poco o nulla quando divenne presidente ad interim nel 2006, alla morte del fondatore del Turkmenistan indipendente, ex repubblica sovietica, il "Turkmenbashi" Saparmuray Niyazov. Tranne che era il dentista del leader assoluto. E, almeno della sua bocca, conosceva tutti i segreti. Di Serfar, invece, sappiamo che è deputato dal 2016, dal 2018 viceministro degli Esteri e vicegovernatore della provincia di Ahal. Dal 2020 ministro dell'Industria e numero due del padre.

Di fatto, non c'è da attendersi un cambio di marcia, un'apertura alla libera informazione e alla democrazia con l'arrivo al potere di Berdymukhamedov figlio. O comunque nulla in quello che Serdar abbia detto finora fa pensare che ci sarà un'apertura per un paese che, solitamente, nelle classifiche internazionali sulla libertà d'informazione concorre fieramente con la Corea del Nord per l'ultima posizione. 

I rapporti con la Cina

A differenza di Pyongyang, però, il Turkmenistan non è disconnesso dai flussi economici. Un accordo importante per la fornitura di grandi quantità di gas alla Cina garantisce all'autarchia di Ashgabat importanti introiti, che permettono di mantenere anche una reclusa stabilità al paese centro-asiatico, in cui sono bloccati i siti d'informazione straniera e vietati i media indipendenti. Gurbanguly Berdymukhamedov ha governato negli ultimi 15 anni il  Turkmenistan con il pugno di ferro e con un'attitudine paternalistica, supportata da uno stringente culto della personalità, palese nelle immagini trasmesse dal canale televisivo nazionale, che riprende il presidente in praticamente tutte le salse. Dalle visite ufficiali alle performance musicali, passando per ritratti ben oltre l'agiografia. 

Fidarsi è bene...

Lo scorso mese il leader ha annunciato che si sarebbe dimesso per consentire il cambio generazionale al governo, ma ha anche avvertito che resterà nell'agone politico come presidente del senato. Secondo quanto hanno detto alcuni analisti, però, prima di lasciare la mano ha fatto modificare la costituzione per concedersi maggiori poteri da ex presidente, nel caso qualcosa non andasse nel senso giusto durante la successione. Segno che il presidente-dentista, probabilmente, non si fida neppure della sua progenie.