Afghanistan, il leader dei talebani Baradar morto in una faida? Voci dopo lite a Palazzo

Oggetto della discordia: chi debba intestarsi la vittoria e la divisione del potere. Teatro della furibonda lite, il palazzo presidenziale di Kabul.

Mullah Abdul Ghani Baradar, vicepremier e leader dei Talebani

Mullah Abdul Ghani Baradar, vicepremier e leader dei Talebani

Kabul -  A un mese dalla caduta di Kabul, il governo dei Talebani perde i pezzi ancora prima di muovere i primi passi. Una violenta discussione avvenuta nel palazzo presidenziale di Kabul tra due fazioni rivali sarebbe alla base della misteriosa sparizione di Mullah Abdul Ghani Baradar, figura chiave del movimento e vicepremier nominato, che avrebbe avuto la peggio in un alterco, poi degenerato, con i rappresentanti del potentissimo clan Haqqani. 

A inizio settimana era addirittura circolata la notizia della morte di Baradar, smentita con forza ma in effetti senza prove concrete da parte dei talebani, prima che oggi il quotidiano PashtunTimes diffondesse la notizia secondo la quale Baradar sarebbe ricoverato in un ospedale di Kandahar. Alla base della rottura c’e’ la disputa su quale clan ha avuto un ruolo determinante nella cacciata degli americani e quella sulla suddivisione dei ministeri, con Baradar insoddisfatto della nomina a vicepremier, mentre il clan Haqqani si e’ aggiudicato il ministero degli Interni (Sirajuddin Haqqani) e il ministero per i rifugiati (Khalil ur-Rahman Haqqani).

Proprio tra quest’ultimo e Baradar vi sarebbe stato, in base quanto riporta PashtunTimes, un violento scambio di accuse e insulti, poi degenerato in un vero e proprio regolamento di conti in cui Baradar avrebbe avuto la peggio. Il clan Haqqani, distintosi gia’ nella resistenza anti sovietica, negli ultimi 20 anni ha avuto la propria roccaforte nella inaccessibile regione del nord Waziristan, oltre il confine con il Pakistan, da cui ha sferrato alcuni tra gli attacchi piu’ violenti nei confronti delle forze della coalizione internazionale, soprattutto nell’area di Kabul. 

In seguito alla presa della capitale afghana di un mese fa, tra Baradar e gli Haqqani si e’ evidenziata una divergenza di vedute poi divenuta insanabile: il primo e’ convinto che la scalata al potere sia il risultato dell’azione diplomatica da lui stesso condotta a Doha nel 2020 con l’ex presidente Donald Trump, mentre il clan del Waziristan e’ sicuro che sia la forza delle armi ad aver portato i talebani al potere. Consapevoli di non essere piu’ semplici milizie contrarie alla presenza straniera nel Paese ma una forza al governo che ha gli occhi del mondo puntati addosso, i talebani si sono affrettati a smentire la morte o il ferimento di Baradar, pubblicando un audio la cui autenticita’ non e’ stata verificata e che non ha convinto nessuno.

In un secondo momento, fonti interne al movimento citate dalla BBC Pashto hanno dichiarato che Baradar si e’ recato a Kandahar e che avrebbe avuto bisogno di riposo. Sono versioni diverse di una storia misteriosa che non convincono e su cui aleggia il precedente del Mullah Omar, uno dei fondatori del movimento, la cui morte fu tenuta nascosta per due anni durante i quali falsi messaggi e minacce all’occidente da parte di quest’ultimo continuarono a essere diffusi. Misteriosa e’ anche al momento la sorte di Hibatullah Akhundzada, comandante e leader spirituale dei talebani, del quale si sono perse le tracce dopo la presa di Kabul e sulla cui scomparsa non sono mancate speculazioni.

I talebani stanno sperimentando dunque la differenza che c’e’ tra la guerriglia e il controllo delle inaccessibili valli del Paese, dove i clan regnano incontrastati, e il governo di un Paese. La presenza di un nemico comune ha compattato i ranghi di clan, tribu’ e famiglie, ma ora che il comune nemico e’ volato via sono tornate a galla vecchie acredini, divergenze e rivalita’, mentre la strada per il governo talebano sembra molto piu’ ripida e scivolosa di quella che porta sulle alte valli in cui gli estremisti si erano arroccati negli ultimi 20 anni.