Atomica iraniana, gli Usa pronti al dialogo. Teheran: "Ipocriti. via le sanzioni"

Ayatollah vicini all'arma nucleare, si riapre il tavolo. tensione alle stelle con Israele. "Non avranno la bomba, con o senza accordo"

L'ayatollah Sayyed Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran

L'ayatollah Sayyed Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran

Teheran - Dopo lo stallo sull’incubo-atomica in mano agli ayatollah di Teheran, gli Stati Uniti oggi si dicono pronti a riprendere il dialogo con l’Iran per salvare l’accordo nucleare, nonostante il rifiuto di Teheran, domenica, di ricucire il dialogo. “Abbiamo chiarito che gli Stati Uniti erano pronti a incontrare l’ Iran - dice il portavoce della diplomazia statunitense Ned Price - per discutere su come ottenere un reciproco ritorno al rispetto” dell’accordo, ha detto. Questo ritorno al tavolo delle trattative, però “non può avvenire senza una discussione dei dettagli tra tutte le parti”. “Non siamo dogmatici sulla forma e il formato di queste discussioni”, ribadisce Price, precisando che il governo degli Stati Uniti si sarebbe consultato con i suoi alleati europei.

La ritorsione per il raid

Soltanto ieri la Casa Bianca di era detta delusa dalla reazione iraniana, di fronte a una prima frenata arrivata da Teheran, quando l’Iran aveva deciso di non sedersi per ora al tavolo della «riunione informale» con gli Usa proposta dall’Ue, giudicando il momento «non adatto» dopo i raid americani contro le milizie filo-iraniane in Siria. Uno stop legato a doppio filo allo scontro in corso alla riunione trimestrale del Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), dove i firmatati europei dell’intesa del 2015 - Francia, Germania e Gran Bretagna - si preparano a votare una risoluzione di condanna della Repubblica islamica per le limitazioni alle ispezioni nucleari, entrate in vigore la scorsa settimana. 

Il veto di Russia e Cina

Appoggiata dagli Stati Uniti, la proposta non avrà però il via libera di Russia e Cina nel voto atteso venerdì. La solo minaccia aveva però già scatenato la reazione di Teheran. «Qualsiasi eventuale risoluzione contro l’ ran complicherebbe ulteriormente la situazione. Ci auguriamo che la saggezza prevalga. Altrimenti - ha avvertito il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif - anche noi assumeremmo un approccio diverso». A rischio, sullo sfondo della complessa trattativa, c’è già il compromesso raggiunto in extremis lo scorso 21 febbraio nella missione a Teheran del direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, che secondo la stessa Agenzia Onu permette di mantenere «il livello necessario» di controllo sulle attività nucleari della Repubblica islamica per tre mesi, allungando i tempi per le possibili trattative con gli Usa.

Tensione alle stelle con Israele

E' stato proprio Grossi a lanciare un appello affinché le ispezioni non diventino «una moneta di scambio nei negoziati». Nel frattempo, crescono anche di ora in ora le tensioni tra l’Iran e Israele. Il premier Benyamin Netanyahu ha accusato Teheran di essere dietro l’attacco la scorsa settimana alla nave Helios Ray nel golfo di Oman. Responsabilità «fermamente» respinte dalla Repubblica islamica. «La fonte è la meno credibile che ci sia», ha replicato il suo ministero degli Esteri. Ma Netanyahu ribadisce di voler combattere Teheran a ogni costo.  «L’ Iran è il maggiore nemico di Israele, e noi lo colpiamo ovunque nella regione. Gli iraniani - ha insistito il premier dello Stato ebraico - non avranno armi nucleari, con o senza accordo. Questo l’ho detto anche al mio amico Joe Biden», ha tenuto a preciare la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki.

La leva delle sanzioni

Finché non revocheranno le sanzioni, gli appelli degli Usa al ritorno alla diplomazia con l’ Iran costituiscono una «retorica ipocrita e inaccettabile». Lo ha dichiarato il portavoce del governo di Teheran, Ali Rabiei, commentando il rifiuto del suo Paese della proposta Ue di una «riunione informale» con la partecipazione americana per discutere del possibile ritorno di Washington all’accordo sul nucleare, dopo il ritiro deciso di Donald Trump nel 2018. «Crediamo nella diplomazia come unico modo per uscire dallo stallo creato dagli Stati Uniti. Ma il minimo per provare la loro buona volontà è che gli Stati Uniti rispettino gli impegni della risoluzione 2231» del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, revocando quindi le sanzioni. L’amministrazione di Joe Biden, ha aggiunto Rabiei in una conferenza stampa, non può continuare la politica precedente e aspettarsi dei risultati.