Ucraina, no fly zone circoscritta a centrali nucleari? L'esperto: "Ecco cosa succederebbe"

Il docente della Luiss Gregory Alegi analizza le conseguenze di un eventuale ok alla richiesta della vice premier ucraina Iryna Vereshchuk

Nelle ultime ore, dopo che la richiesta di una no fly zone sull'intera Ucraina è stata respinta più volte dall'Occidente, con dichiarazioni provenienti da ambienti della Casa Bianca e della Nato, si è fatta avanti un'ipotesi di un "controllo degli aerei" parziale. Nello specifico, di una no fly zone circoscritta ai cieli che si estendono al di sopra delle centrali nucleari ucraine. Ma una scelta del genere permetterebbe di "aggirare" quello che è considerato il pericolo principale in caso di no fly zone integrale, ovvero il rischio di tracimare in uno scenario da terza guerra mondiale? 

Secondo Gregory Alegi, docente nel dipartimento di Scienze politiche della Luiss e condirettore del mensile Aeronautica, sentito dall'AdnKronos, prendere una decisione del genere, come chiesto dalla vice premier ucraina Iryna Vereshchuk, equivarrebbe comunque a una dichiarazione di guerra alle forze aeree russe. "Tecnicamente una no-fly zone circoscritta non è molto diversa da una generale. Il problema è sempre assicurare la protezione di una fetta di cielo con un sistema di difesa aerea, radar, missili, caccia che devono volare e che per proteggere ad esempio Chernobyl devono comunque stare dentro l'Ucraina - afferma Alegi - Il rischio che una no fly zone possa coinvolgere in guerra la Nato è collegato non alle dimensioni dello spazio di interdizione ma alla sua esistenza".

Tecnicamente, quindi, non fa moltissima differenza l'estensione. "I radar hanno un raggio d'azione intorno a cui devono collocarsi i caccia. Non cambia nulla sotto il profilo diplomatico e legale; e molto poco sotto quello del rischio", prosegue l'esperto.

Gli ucraini lo sanno? "Certo, ma vogliono che la Nato e l'occidente facciano di più per proteggerli dall'attacco russo. Ma le difficoltà di accettare la proposta per l'occidente - conclude Alegi - rimangono le stesse".