No-fly zone: cos'è, rischi e cosa può succedere

Si tratta della richiesta del presidente ucraino Zelensky. Ma la Nato dice "no"

Kiev , 2 marzo 2022 - E' la settima giornata di guerra in Ucraina. Stando all'agenzia Tass, secondo quanto ha fatto sapere il consigliere capo dell'ufficio del presidente ucraino Zelensky, stasera si terrà il secondo round dei colloqui tra Russia e Ucraina. L'annuncio dopo che stamane una fonte interpellata da Interfax, aveva giudicato "improbabile" che un secondo round di colloqui potesse svolgersi nella giornata odierna. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov aveva annunciato che la Russia è pronta a continuare il negoziato mentre Kiev aveva puntualizzato che non avrebbe accettato ultimatum da parte di Mosca.

Secondo il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, citato da Sky News Uk, la Nato starebbe "valutando" l'ipotesi di dar vita a una no-fly zone sui cieli dell'Ucraina su richiesta di Kiev. Questa opzione, esclusa fino a ieri esplicitamente da leader occidentali come Biden o Johnson, contemplerebbe automaticamente la possibilità di dover prendere di mira aerei militari russi e quindi, sulla carta, d'innescare uno scontro diretto con Mosca. Ma fonti dell'Allenza, interpellate dall'Ansa smentiscono e rimandano alle parole pronunciate ieri dal segretario generale Stoltenberg, che ieri, nel corso della conferenza stampa tenuta insieme al presidente polacco Andrzej Duda, aveva detto: "Il Patto Atlantico è al fianco dell'Ucraina, ma non vuole essere parte del conflitto in corso. Non manderà il suo esercito e non manderà aerei nello spazio dell'Ucraina".

Cos'è una 'no-fly zone'

Una 'no fly zone' è la dichiarazione da parte di un paese o di un’organizzazione internazionale del divieto di sorvolare uno spazio aereo. Il punto più problematico è che una volta dichiarata, la no-fly zone deve essere fatta rispettare tramite missioni di combattimento. Dichiarare una no-fly zone, quindi, significa trovarsi coinvolti in un conflitto aperto con la nazione a cui si vuole impedire di utilizzare la propria aviazione militare.

Quando è stata utilizzata

In anni recenti, le no-fly zone sono state utilizzate in tre diverse occasioni. La prima e la più lunga è quella dichiarata dagli Stati Uniti nelle zone settentrionali e meridionali dell’Iraq. L’operazione è iniziata alla fine della prima guerra del Golfo, nel 1992, ed è durata quasi un decennio (2003). Lo scopo dell'istituzione di tale zona era di prevenire i bombardamenti e gli attacchi chimici del regime contro i Curdi. La seconda è la no-fly zone imposta sulla Bosnia durante il conflitto nell’ex Yugoslavia dal 1993 al 1995. La terza è quella dichiarata in Libia nel 2011 e che si è rapidamente trasformata in una campagna aerea di supporto ai ribelli libici contribuendo in modo significativo al rovesciamento del regime di Muhammar Gheddafi

Che rischi si corrono

Applicare una no-fly zone sull’Ucraina significa inevitabilmente entrare in conflitto con la Russia. Aerei da combattimento Nato dovrebbero essere costantemente pronti a intercettare le forze russe che dovessero violare il blocco. Per farlo, sarà necessario eliminare la considerevole capacità antiaerea della Russia e questo significherà colpire basi e veicoli terresti. 

La richiesta e le reazioni

"Non si tratta di trascinare i Paesi della Nato in guerra. La verità è che tutti sono già stati trascinati da tempo in guerra e certo non dall'Ucraina, ma dalla Russia, è in corso una guerra in larga scala", ha detto ieri Volodymyr Zelenskiy, nell'intervista rilasciata a Cnn e Reuter, esortando la Nato ad imporre una 'no-fly zone' per fermare le forze aeree della Russia. "Non abbiamo intenzione di entrare in Ucraina, né via terra, né nel suo spazio aereo", ha però fatto sapere il segretario della Nato, Jens Stoltenberg. Sulla stessa linea gli Stati Uniti. Un portavoce della Casa Bianca ha sottolineato che una 'no-fly zone', "richiederebbe dispiegare personale militare Usa per farla rispettare, il che potrebbe sfociare in un conflitto diretto e in una guerra con la Russia, che e' un qualcosa in cui non intendiamo essere coinvolti". E, secondo il ministro della Difesa britannico Ben Wallace "imporre una no-fly zone equivarrebbe a dichiarare guerra alla Russia".