Nato, dalla Guerra Fredda al nuovo ordine mondiale: le sfide e i limiti dell'Alleanza

Fondata nel 1949 come patto difensivo contro l'Urss, dagli anni Novanta ha cambiato approccio e strategia, passando dai 12 membri fondatori agli attuali trenta. I nodi da affrontare

Soldatessa Nato

Soldatessa Nato

L'Ucraina deve rimanere un Paese neutrale, non entrare a far parte della Nato. Questa, in estrema sintesi, la motivazione principale alla base delle operazioni militari russe in Ucraina, almeno secondo quanto dichiarato da Mosca. Difficile capire quanto la Russia si senta effettivamente minacciata dall'allargamento a Est dell'Alleanza Atlantica e quanto la usi come pretesto per giustificare il proprio rinnovato interventismo; probabilmente entrambe le cose, nel grande scacchiere geopolitico internazionale in cui, a differenza che negli scacchi  veri e propri, non ci sono solo bianco e nero ma tante, tantissime zone grigie.

La Guerra Fredda

Quel che è certo è che l'Alleanza Atlantica è profondamente cambiata, rispetto alla sua fondazione nel 1949, come d'altronde è profondamente cambiato il mondo. I Paesi fondatori sono 12: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Gran Bretagna e Stati Uniti. La North Atlantic Treaty Organization (Nato, appunto) nasce uficialmente il 4 aprile 1949 con la firma del Trattato di Washington e nasce come alleanza difensiva: nel contesto della Guerra Fredda e dei bocchi contrapposti, il mondo occidentale stringe un patto di reciproca assistenza militare in caso di aggressione da parte sovietica.  L'approccio di fondo rimane immutato per tutti gli anni della Guerra Fredda che di fatto vedono solo quattro nuovi ingressi: quelli di Grecia e Turchia (1952), dell'allora Garmania Ovest (1955) 'ripulita' del'onta nazista e della Spagna (1982, dopo la fine della lunga dittatura di Fransisco Franco). D'altronde, come recita lo statuto, può diventare membro della Nato “qualsiasi altro Stato europeo in condizione di soddisfare i principi di questo trattato e di contribuire alla sicurezza dell'area nord-atlantica”.

La caduta del Muro

Con la caduta del Muro di Berlino e la conseguente dissoluzione del'Urss, avviene il primo radicale cambiamento nell'assetto della Nato. Nel dicembre del 1991 viene creato il Consiglio di Cooperazione Nord Atlantico, con l'obiettivo di dialogare e cooperare con gli ex rivali del Patto di Varsavia. Il percorso di avvicinamento tra Europa dell'Ovest e dell'Est, che nel frattempo passa da un impegno diretto delle forze Nato nell'ex Jugoslavia dilaniata dalla guerra, culmina nel 1999 con l'ingresso nell'alleanza di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, primi Paesi ex comunisti ad aderire al blocco un tempo rivale. Nel 2004 è la volta di Bulgaria, Romania, Slovacchia, Slovenia e soprattutto delle tre repubbliche baltiche, Estonia Lettonia Lituania, ingresso estremamente simbolico perché si tratta di ex repubbliche sovieticheNel 2009 entrano nell'Alleanza Atlantica anche Albania e Croazia, nel 2017 il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord. Oggi sono dunque saliti a 30 i Paesi aderenti alla Nato e presto potrebbero diventare 31 con l'ingresso delal Bosnia-Erzegovina che sta partecipando al Piano d’azione per l’adesione. 

Il nuovo concetto di difesa

E' in questo contesto che la Russia teme un'ulteriore espansione dell'alleanza, denunciandone il carattere non più difensivo ma "ostile". Una visione forse un po' forzata, come detto all'inizio, tuttavia è la stessa Nato a rivendicare un nuovo ruolo rispetto a quello ormai superato della Guerra Fredda. Al di là dell'allargamento a Est, o a Nord se si guarda ai recenti abboccamenti con Svezia e Findalndia, negli ultimi vent'anni a cambiare è stato  l'approccio stesso dell'alleanza di fronte alle crisi mondiali. Negli anni '90 c'è stato l'intervento nell'ex Jugoslavia, cui è seguito nel 2001 quello in Afghanistan dopo l'attenato alle Torri Gemelle. Per la prima volta è stato invocato l’articolo 5 del trattato, quello che fa scattare la clausola difensiva a fronte dell'aggressione a uno dei Paesi membri. E' la stessa Nato a inserirlo tra gli "eventi chiave" sul proprio sito internet, sottolineando come in quell'occasione l'alleanza "adotta un approccio più ampio in materia di sicurezza". Cioè equiparando un attacco terroristico a un'aggressione militare 'ufficiale'. E nel 2003 la Nato assume il comando della missione internazionale di pace in Afghanistan, divenenendo di fatto il braccio operativo dell'Onu che delega all'Alleanza Atlantica il lavoro sul campo. 

La dottrina strategica

L'evoluzione del ruolo internazionale della Nato culmina nel 2010 con l'adozione del concetto strategico 'Impegno attivo, difesa moderna'. Il documento, sottoscritto a Lisbona dai Paesi membri, recita che "la Nato dissuaderà e difenderà da ogni minaccia di aggressione e dalle nuove sfide alla sicurezza che minaccino la fondamentale sicurezza dei Paesi membri o dell’Alleanza nel suo complesso". Inoltre, viene esplicitato il concetto di "gestione delle crisi", includendo anche la loro prevenzione e la stabilizzazione degl Stati che si trovano in una situazione post-conflitto. In pratica, viene teorizzato e messo nero su bianco quel che era accaduto da metà anni Novanta in poi: la Nato può intervenire anche al di fuori dei propri confini, se rileva una potenziale minaccia. 

Il contesto attuale

La Nato odierna è dunque frutto di un mondo unipolare, in cui gli Stati Uniti e i partner europei si fanno carico di risolvere crisi e controversie in ogni angolo del mondo. Un'evoluzione in un certo senso naturale, con la fine della Guerra Fredda, dalla quale sono tuttavia già passati tre decenni: tanti, nel mondo contemporaneo. Il grande interrogativo sollevato dalla crisi ucraina è dunque se l'ordine mondiale pensato a Washington tra gli anni Novanta e Duemiila possa reggere anche in pieno 21esimo secolo, alla luce dell'ascesa della Cina e del rinnovato protagonismo della Russia. Senza sottovalutare le altre potenziali minacce globali, dall'Iran alla Corea al Nord.