Ucraina: cosa è successo nella decima giornata di guerra

L'orrore dei bombardamenti e dello stop ai corridoi umanitari. I piccoli spiragli di speranza con la missione del premier israeliano a Mosca e la ripresa dei colloqui da lunedì

Ventiquattro ore in bilico fra dramma e qualche piccolo spiraglio di speranza. Si chiude la decima giornata di guerra, dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, con segnali contrastanti. Da una parte il fallimento del cessate il fuoco per la realizzazione di corridoi umanitari che consentissero ai civili di lasciare le città sotto attacco, con la ripresa dell'offensiva a suon di bombe fra Mariupol, Kharkiv, Volnovakha, Borodyanka e altre città. Dall'altra il tentativo faticoso di riannodare i fili della diplomazia, con le offerte turche di un colloquio ad Antalya, la missione "a sorpresa" del primo ministro israeliano Naftali Bennett a Mosca e l'annuncio della ripresa dei negoziati fra Russia e Ucraina lunedì 7. Su tutto, a pesare come un macigno, le nuove dichiarazioni di Vladimir Putin, fra minaccia ed esibizione di muscoli. "Le sanzioni - ha detto lo Zar - sono una dichiarazione di guerra". Poi ha chiesto ai suoi funzionari di stilare una lista dei Paesi che hanno aderito alla campagna punitiva nei confronti dell'economia russa.  

Saltano i corridoi umanitari

I corridoi umanitari in Ucraina, almeno per il momento, sono saltati. Lasciando intrappolate centinaia di migliaia di civili nelle città del sud assediate dai russi, a partire da Mariupol. Sul fallimento della tregua c'è stato il prevedibile rimpallo di responsabilità fra Kiev e Mosca, ma l'unico dato certo è che le forze armate di Vladimir Putin hanno ripreso l'offensiva in grande stile. Solo un spiraglio si è aperto: la convocazione del terzo round di negoziati per lunedì.

La decima giornata di guerra si è aperta con l'annuncio della tregua da parte del ministero della Difesa russo, per fare uscire 200mila civili da Mariupol e 15mila da Volnovakha. In poco tempo, però, le speranze di un'evacuazione significativa sono state gelate. Le autorità locali della città portuale nel sud-est hanno annunciato un rinvio delle operazioni per motivi di sicurezza perché i russi hanno "continuato a bombardare". Tanto che i residenti in attesa di sfollare sono stati invitati a rientrare nei rifugi. La stessa situazione di caos è stata registrata nella cittadina di Volnovakha, a metà strada tra Mariupol e Donetsk. Dove le autorità hanno spiegato che solo 400 persone sono riuscite a fuggire a causa dei raid. La speranza è che domani possa essere il giorno buono per evacuare donne, bambini e anziani, ha spiegato il governo di Kiev, che sta preparando evacuazioni anche dalla capitale, Sumy, Kharkiv e Kherson.

I russi, da parte loro, hanno respinto le accuse di aver sabotato i corridoi. Il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov ha affermato che "non si è presentato nessuno", mentre un portavoce del ministero della Difesa ha spiegato che "la popolazione di queste città è tenuta in ostaggio da formazioni nazionaliste come scudi umani".

La ripresa dell'offensiva

L'offensiva ha allargato il suo raggio d'azione, colpendo altri centri nei dintorni di Kiev, da Bila Tserkva a Bucha. E all'indomani della conquista della centrale di Zaporizhzhia, i russi hanno puntato anche il secondo impianto nucleare del Paese. L'avanzata in tutto il Paese, comunque, non ha registrato significativi progressi. Al contrario nel sud gli ucraini hanno annunciato di aver ripreso il controllo della città portuale di Mykolayv.  A Kiev le truppe russe vanno avanti con una campagna di raid lungo la periferia della capitale (anche una troupe di Sky News britannica è stata bersagliata di colpi durante un servizio), ma sono ancora lontane dal centro. In questa fase, le speranze in un effettivo cessate il fuoco, almeno temporaneo, sono affidate ai negoziati Mosca-Kiev che, nonostante tutto, non si sono ancora arenati. E dopo i primi due round di colloqui a distanza di pochi giorni, le due parti hanno concordato di rivedersi lunedì prossimo.

La "missione" del premier israeliano

Torna a battere un colpo la diplomazia internazionale. Il premier israeliano Naftali Bennett è volato a sorpresa a Mosca per parlare con Putin, dopo il nuovo affondo dello zar sulle sanzioni occidentali, equiparate a una "dichiarazione di guerra".  Bennett ha condiviso l'esito del faccia a faccia telefonicamente con Emmanuel Macron e, faccia a faccia, con Olaf Scholz a Berlino. Da Mosca il primo ministro di Tel Aviv ha anche sentito Volodymr Zelensky.

La mossa del premier israeliano arriva in un momento in cui la diplomazia americana ed europea sembra incapace di trovare una exit strategy dopo che tutti i Paesi occidentali, anche se con intensità distinte, si sono schierati compatti a sostegno di Kiev, fornendo assistenza economica, militare e imponendo sanzioni economiche contro la Russia. Pur non appartenendo né alla Ue né alla Nato, anche Israele è a tutti gli effetti considerata una nazione dello schieramento occidentale, soprattutto come alleato di punta degli Usa.

Per questo finora il suo approccio di cauta condanna verso Mosca, glissando sulle sanzioni a Mosca e negando il trasferimento di armi a Kiev, ha suscitato malumori e perplessità sulle due sponde dell'Atlantico e in Ucraina. Ma Israele è anche l'unico Paese occidentale che può vantare relazioni privilegiate sia con la Russia (per ragioni storiche, di immigrazione e del ruolo di Mosca come power broker in Medio Oriente) che con l'Ucraina (dove vive una comunità di circa 50.000 ebrei, tra cui lo stesso presidente Volodymyr Zelensky). Per questo ha cercato di mantenere un canale aperto con entrambe le parti. Secondo la ricostruzione del giornalista Barak Ravid,  Bennett avrebbe già proposto il suo ruolo di mediatore a Putin nel loro primo incontro a Sochi lo scorso ottobre ma lo Zar avrebbe rifiutato. Ora però il quadro è cambiato e nessun Paese sembra più equidistante di Israele. Secondo alcuni media, sarebbe stata Kiev a chiedere un maggiore ruolo israeliano come intermediario.

E gli Usa che fanno?

Il presidente Joe Biden cerca di rassicurare il fianco orientale della Nato, inviando nell'Europa dell'est anche la sua vice Kamala Harris, dopo il segretario di stato Antony Blinken, che oggi in Polonia ha visitato i rifugiati al confine con l'Ucraina e promesso 2,7 miliardi di dollari per sostenerli, anche se il Washington Post si è chiesto in un editoriale perché Biden non li accolga negli Usa come gli altri Paesi europei. Blinken comunque sta agendo a tutto campo facendo pressing anche su Pechino, cui oggi ha ricordato che "il mondo sta guardando per vedere quali nazioni difendono i principi fondamentali della libertà, dell'autodeterminazione e della sovranità".

"Attivismo" cinese

Ma il Dragone si muove anche in autonomia, seppure con il tradizionale fare felpato, a dimostrazione di come l'invasione dell'Ucraina sia vista a Pechino come un intralcio pesantissimo alla stabilità complessiva del quadro globale. La Cina ha chiesto lo stop dei combattimenti, il dialogo Usa-Nato-Ue- Russia per una soluzione pacifica ("prestando attenzione all'impatto negativo della continua espansione verso est della Nato sulla sicurezza della Russia") e il rispetto della carta dell'Onu. Ma ne ha approfittato pure per ricordare a Washington di "smettere di sostenere l'indipendenza di Taiwan" tornando al principio della "Unica Cina". 

Cyberattacchi anche in Italia

Infine il fronte tecnologico del conflitto. Che potrebbe coinvolgere, a partire da domenica 6, anche l'Italia. La autorità che si occupano della sorveglianza dei siti istutizionali tricolori, infatti, hanno diramato un avviso di allerta per possibili cyberattacchi a numerosi siti. Nel mirino ci sarebbero anche le aziende sanitarie e ospedaliere, per il loro ruolo nell'invio e nella distribuzione degli aiuti umanitari.

Visa e Mastercard "mollano" la Russia

Visa e Mastercard hanno annunciato la sospensione delle proprie operazioni in Russia in risposta all'attacco lanciato in Ucraina. Iniziativa che era stata sollecitata dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo incontro da remoto con membri del Congresso americano.  In un comunicato, Visa ha fatto sapere che, "con effetto immediato, collaborerà con clienti e partner in Russia per cessare tutte le transazioni nei prossimi giorni". "Una volta completato il processo - ha spiegato - le transazioni con carte Visa emesse in Russia non funzioneranno più al di fuori del paese e le carte emesse da istituzioni finanziarie fuori dalla Russia non funzioneranno più in Russia". 

Mastercard ha annunciato la sospensione dei servizi di rete in Russia, avendo già bloccato diversi istituti finanziari dalla sua rete di pagamento. Mastercard, che opera in Russia da più di 25 anni, ha affermato che dopo questa decisione le carte emesse dalle banche russe non saranno più supportate dalla sua rete e qualsiasi carta emessa al di fuori del Paese non funzionerà presso attività commerciali o sportelli automatici russi.