"Ucraina, Cina mediatrice? Molto improbabile. Ma questa guerra a Pechino non piace"

Intervista a Gabriele Battaglia, reporter italiano, in Cina dal 2011. "Con la Russia nessuna alleanza, ma una relazione speciale. Per Pechino la chiave per la pace può essere in mano all'Europa"

Per gli osservatori è il “convitato di pietra” della crisi ucraina. La Cina può agire davvero da mediatore fra Kiev e Mosca? E cosa pensa Pechino del conflitto? Facciamo chiarezza con Gabriele Battaglia, giornalista italiano, residente in Cina dal 2011, corrispondente per la tv svizzera in lingua italiana. Autore, fra l’altro, del recente “Massa per velocità” (Prospero editore), racconto della Cina profonda ai tempi del Covid.

I media occidentali parlano della possibilità di una mediazione diretta da parte di Pechino. E’ un’ipotesi effettivamente sul tavolo? “Mai dire mai, ma al momento non vedo assolutamente la possibilità di un ruolo diretto cinese nelle trattative. La posizione non è mai cambiata nel tempo. La Cina è disposta a offrire i suoi ‘buoni auspici’ perché Russia e Ucraina dialoghino. Questo è stato chiaro fin dalla prima telefonata fra Xi Jinping e Putin dopo l’attacco”.

Perché non pare al momento possibile un intervento diretto nelle trattative? “La Cina, per ora, ha incassato l’invito a mediare solo dall’Ucraina. La Russia ancora non si è espressa. Finché tutti gli attori in campo non si rivolgeranno direttamente alla Cina – a Pechino si usa l’espressione ‘dare faccia’ – il governo non prenderà alcuna iniziativa. Alla Cina non piace che ci sia un conflitto in cui sono implicati due Paesi con cui ha rapporti, ma perché si muova ci vuole un ulteriore passaggio politico. L’altro elemento per cui è improbabile una mediazione diretta è che per la Cina questa rimane una guerra europea. E gli interlocutori giusti per risolvere la situazione sono i Paesi dell’Unione. Anche per questo Xi l’altro giorno si è confrontato con Macron e Scholz”.

E gli Usa? “La Cina in questo momento non vuole avere a che fare con gli Stati Uniti sul dossier Ucraina, anche perché nel profondo ritiene che gli americani siano all’origine del problema”.

Come mai Xi ha voluto confrontarsi con i leader europei proprio in questo momento? “L’agenzia Nuova Cina ha sottolineato che il presidente ha avuto un colloquio con i presidenti di Francia e Germania su loro richiesta. Come se gli europei si rivolgessero a Pechino in cerca di aiuto. Un altro elemento messo in luce è che i tre protagonisti del colloquio hanno parlato anche d’altro e poi si sono scambiati pareri sull’Ucraina. Come se si volesse negare che la conversazione fosse esplicitamente sulla guerra e si escludesse una qualsiasi ufficialità”.

Il videoconfronto Xi-Macron-Scholz
Il videoconfronto Xi-Macron-Scholz

E i contenuti del colloquio? “Xi ha riconosciuto la gravità della situazione e ha ribadito le posizioni della Cina. Ovvero il riconoscimento dell’integrità territoriale di qualsiasi Paese ma anche il rispetto delle preoccupazioni russe sulla sicurezza. Quindi, in sostanza, il no all’allargamento della Nato a Oriente. Poi Xi ha voluto insistere sull’importanza del metodo del dialogo. Nel confronto, quindi, è uscita una disponibilità della Cina a spendersi per risolvere il problema, ma mantenendo una certa distanza. E, fra le righe, una sollecitazione all’Europa perché si muova autonomamente rispetto agli Stati Uniti”.

Xi nel confronto a tre avrebbe parlato di “guerra”. E’ effettivamente questo il termine scelto? E perché? “Va detto che il primo in Cina a utilizzare la parola ‘guerra’ in riferimento all’attacco russo è stato il ministro degli Esteri Wang Yi quando ha chiamato il suo omologo ucraino Kuleba. Una scelta che va letta come il riconoscimento dell’esistenza di un conflitto con un interlocutore che sta soffrendo per questa situazione. Con Macron e Scholz, invece, Xi ha impiegato un termine che si può tradurre con ‘fuoco della guerra’. Un termine che suona quasi come un’evocazione ‘poetica’, attraverso il quale si riconosce che effettivamente c’è un conflitto in corso ma che, d’altro canto, smorza un po’ la presa di posizione sugli avvenimenti ucraini. E’ molto chiaro, comunque, che la Cina è consapevole che ci sia una guerra. E di questo non sono per nulla felici”.

Qual è la maggiore preoccupazione cinese? “Pechino sta cercando di capire che impatto possa avere la guerra sulla propria situazione. Il timore principale della Cina è che si interrompa la grande filiera globale, la cosiddetta catena delle forniture. L’altro dubbio è che l’Europa, impaurita dagli accadimenti, si stringa sempre di più agli Usa in funzione anticinese”.

Cosa potrebbe accadere in questo caso? “La Cina pensa che gli Stati Uniti vogliano portare il conflitto nell’aria dell’Asia Pacifica e che le vicende russo ucraine siano solo ‘un incidente di percorso’. Da qui i tentativi di dialogo con l’Europa, tenendo però ben distante gli americani. Non a caso fin dall’inizio Pechino ha individuato come modello di risoluzione della crisi il ‘formato Normandia’; il tavolo fra Ucraina, Russia, Francia e Germania svoltosi nel 2019 in concomitanza delle celebrazioni per il D-Day in cui si cercò di trovare uno sbocco alla crisi nel Donbass. Una formula che esclude gli Usa”.

Perché la Cina tiene così tanto alla stabilità? “Tutto ciò che è guerra e caos è considerato nemico della crescita economica, che è vista come una ricetta buona per tutto, anche per risolvere i problemi politici. Per questo il governo di Pechino, in contesti come quello ucraino, è convinto che la priorità sia raffreddare la situazione, venendo incontro alle esigenze di tutti gli attori in campo, anche rimandando una soluzione definitiva della crisi a un momento successivo. Infatti l’unica grande proposta fatta dalla Cina di xi al mondo è la Via della Seta, la creazione di reti infrastrutturali – strade, ferrovie ma anche vie di comunicazioni digitali – che porti sviluppo a tutti i suoi protagonisti, di modo che quando sviluppo e ricchezza saranno generalizzati, nessuno avrà più intenzioni bellicose”.

Piani non sempre praticabili… “La Cina impara a malincuore, anche al suo interno, che spesso identificare soluzioni simili non è sufficiente, perché il mondo è più complesso. E’ però vero che negli ultimi 40 anni, dopo la fine dell’era maoista, la Cina ha assunto in politica estera un atteggiamento incardinato sull’esigenza di un riconoscimento partitario fra gli attori in campo”.

Impostato su quali linee guida? “La legittimazione dei governi sovrani, di qualunque impostazione siano. La creazione di buoni rapporti fra stati. L’enfatizzazione dei punti di contatto e il congelamento dei dissapori. Questo vuole dire che la Cina è contraria a qualsiasi tipo di conflitto, perché pensa che a prescindere danneggia gli interessi di tutti”. 

Qual è il rapporto fra Cina e Russia? “E’ del tutto sbagliato parlare di alleanza. E’ corretto, invece, usare un espressione che si può tradurre con ‘relazione speciale’. Un rapporto molto forte, in cui gli accordi commerciali vengono prima di tutto. Xi l’altro giorno, all’inizio della doppia sessione dei parlamenti cinesi, ha tenuto un discorso in cui ha sottolineato che il maggiore problema che la nazione dovrà risolvere è quello della sicurezza alimentare, dato che la Cina ospita il 20% della popolazione mondiale ma possiede solo il 9% delle terre agricole e il 6% dell’acqua potabile. E, date le turbolenze del quadro internazionale, dovrà imparare a fare sempre più da sola. In questa chiave la relazione con la Russia è fondamentale, dato che Mosca è un grande fornitore di materie prime energetiche e alimentari”.

E sul piano politico? “Si tratta di un obiettivo relativamente recente: la comune intenzione di creare una sfera d’influenza sottratta all’egemonia degli Stati Uniti”.

Commemorazione a Pechino della fondazione della Repubblica cinese
Commemorazione a Pechino della fondazione della Repubblica cinese

E con l’Ucraina che relazione c’è?  “I rapporti risalgono all’indipendenza di Kiev. Ci sono parecchi studenti cinesi in Ucraina. L’ambasciata cinese a Kiev all’inizio del conflitto ha ribadito che la Cina è per l’integrità territoriale e per la sovranità dell’Ucraina. La portavoce del ministero degli Esteri il 25 febbraio, subito dopo l’aggressione russa, ha sottolineato questa posizione con enfasi, rispondendo a una domanda a riguardo. Del resto la Cina non ha mai riconosciuto formalmente l’indipendenza della Crimea. Tanto meno ha riconosciuto le repubbliche di Donetsk e Lugansk. Per la Cina la sacralità dell’integrità territoriale è fondamentale. Serve anche per ribadire con forza alle altre nazioni di evitare ingerenze su Xinjiang, Hong Kong e Taiwan. Sul piano economico l’Ucraina è un importante fornitore di derrate alimentari”.

Come stanno coprendo il conflitto in corso i media cinesi? “Riportano la versione del governo cinese. Sottolineano che le origini della crisi sono lontane e che le responsabilità vanno ricercate nell’espansione della Nato a Oriente. Osservatori anglosassoni sostengono che i media di Pechino stiano sposando la propaganda russa e che sui social ci sia una censura delle voci pro Ucraina. Un’interpretazione su cui sono scettico. Per quello che ho visto al dispiacere per quello che sta accadendo si aggiunge una forte componente di ‘apprezzamento’ per le scelte di Putin, non in chiave anti-Kiev ma piuttosto per ostilità alla Nato e agli Usa. Sui social media, comunque, la discussione è più orientata ai temi interni. Per esempio ha suscitato un enorme dibattito la vicenda di una donna trovata incatenata in un tugurio in campagna, che ha sollevato una serie di problemi ancora aperti come la tratta delle donne e l’arretratezza delle zone rurali, creando un’ondata di indignazione e rabbia. L’Ucraina è percepita come una vicenda molto distante”.

Alla luce dell’intensificarsi delle violenze e della conseguente emergenza umanitaria in Ucraina, le testate del Gruppo Monrif (Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno) hanno deciso di lanciare una raccolta fondi per rispondere alle enormi necessità della popolazione ucraina. 

PER DONARE PER L’EMERGENZA UCRAINA TRAMITE BONIFICO

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Causale: UN AIUTO PER L’UCRAINA