Chi è Carles Puigdemont, l'ex presidente della Catalogna arrestato ad Alghero

Il passato da musicista, la battaglia per l'indipendenza, gli scontri con Madrid e il trasferimento in Belgio

Manifestazione per chiedere la liberazione di Puigdemont

Manifestazione per chiedere la liberazione di Puigdemont

La notizia del suo arresto all'aeroporto di Alghero, in Sardegna (città dove la metà dei residenti parla un dialetto che è una versione della lingua catalana, retaggio della dominazione degli aragonesi sull'isola), ha destato scalpore. Carles Puigdemont, ex presidente del parlamento catalano (la "Generalitat"), era appena sbarcato in Italia proprio per partecipare ad Adifolk, festival internazionale della cultura catalana. E della battaglia per l'indipendenza della Catalogna Puigdemont, nato nel 1962 ad Amer, paesino della comunità autonoma a nord-est della Spagna, è diventato una bandiera. In particolare dopo averla proclamata ufficialmente nel 2017, salvo poi sospenderla qualche mese dopo con l'obiettivo di cercare un accordo con Madrid. Una mossa cui seguirono la sua destituzione da parte del governo centrale e un primo arresto, nel 2018, mentre si trovava in Germania.

Chi è Carles Puigdemont 

Definito il "nemico numero 1 del governo centrale spagnolo" Puigdemont viene da una famiglia di pasticceri da sempre vicina alle istanze indipendentiste. All'università studia filologia catalana e, nel frattempo, intraprende la carriera giornalistica, approdando al quotidiano El Punt, vicino alla confederazione di partiti centrista (e indipendentista) Covnergencia I Unio. Dopo aver militato in diverse organizazzioni nazionaliste, nel 2006 viene eletto nel parlamento regionale catalano, dedicandosi a quel punto interamente alla politica. Nel 2011 diventa sindaco di Girona, la città di 100mila abitanti poco distante da Barcellona, la "capitale" della Catalogna, in cui sarebbe tuttora residente. 

Nel 2016 succede ad Arturo Mas come presidente del parlamento catalano. "Capitò tutto in fretta, fu come entrare da una porta girevole", ha ammesso in più di un'occasione Puigdemont. Al momento del suo arrivo alla massima carica della Generalitat, infatti, Puigdemont - al di fuori di Girona - è più noto per il suo caschetto di capelli alla Beatles e il suo passato di bassista in gruppo pop rock che per il suo ruolo nel lotta per l'indipendenza. 

Pugi, come è noto fra gli amici, ha però agito dietro le quinte, impegnandosi anche in battaglie simboliche. Nel 1991, per esempio, lanciò una campagna per cambiare il nome della città di cui sarebbe diventato sindaco, da Gerona (spagnolo) in Girona (catalano). Dalla sua, dicono i biografi, ha tenacia e ostinazione. Qualità che lo porteranno a imprimere un'accelerazione nella battaglia indipendentista. Alla fine del 2016 avvia i lavori per preparare il referendum pro-indipendenza catalana. Una mossa per forzare la mano al governo centrale, allora guidata dal popolare Mariano Rajoy. Da Madrid non arriva alcuna apertura. Anzi. L'iniziativa è censurata con vigore.

Referendum, dichiarazione d'indipendenza e arresto

Il referendum si tiene lo stesso, nell'ottobre 2017. Il Sì vince a valanga (oltre il 92%, ma i votanti sono il 43,03% degli aventi diritto, in una giornata segnata da scontri e tensioni, con le forze dell'ordine inviate dal governo centrale a presidiare seggi e sequestrare urne e, dall'altra parte, i Mossos de Esquadra, la polizia catalana, schierata con gli indipendentisti). Da lì la situazione subisce un'ulteriore evoluzione, con la dichiarazione d'indipendenza cui seguono la destituzione di Puigdemont e il suo arresto nel 2018. Pugi esce dal carcere pagando una cauzione e si trasferisce in Belgio ("in esilio", dice lui). Nel 2019 viene eletto all'europarlamento.

L'influencer dell'indipendenza

Puigdemont ha compreso prima di altri l'importanza dell'utilizzo dei social media nel portare avanti battaglie politiche aprendo, primo fra i politici spagnoli di rilievo, un profilo su Twitter, trasformato in punto di confronto e tribuna per proclami nazionalisti. Pugi e i suoi sostenitori hanno portato così la causa indipendentista anche nella piazza virtuale della rete oltre che nelle strade di Barcellona e delle altre città catalane. Le adunate del popolo catalano, infatti, si sono moltiplicate negli ultimi anni, colorate del giallo e del rosso della Senyera, la bandiera risalente al 1150 e dell'Estelada, la versione indipendentista cui si aggiunge una stella bianca in campo blu.

Poliglotta, "Pugi" parla in spagnolo, inglese, francese e romeno - idioma imparato dalla moglie Marcela, sposata nel 2000, anche lei giornalista - oltre che in catalano, ovviamente. Nel 1983 fu vittima di un pauroso incidente stradale, quando la sua auto sbandò e andò a sbattere contro un camion. Ancora oggi porta i segni del terribile impatto sul volto, cicatrici ben visibili che, con gli occhiali cerchiati di nero e il caschetto alla Beatles che non ha mai voluto abbandonare, rendono il suo profilo inconfondibile, ritratto su bandiere e cartelli innalzati dai suoi supporter anche in queste ore, nelle manifestazioni per chiederne la liberazione.