L'ambasciatore di Taiwan: tutelare le democrazie è interesse di tutti

Perché l'isola continui essere un Paese libero, c'è bisogno dell'attenzione di tutti, anche di Italia e mondo Occidentale. Intervista ad Andrea Sing-Ying Lee

L'Ambasciatore Andrea Sing Ying Lee

L'Ambasciatore Andrea Sing Ying Lee

Il Giorno ha intervistato l’Ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee, Capo della Rappresentanza di Taipei in Italia per comprendere sfide del Paese in relazione alla crisi Ucraina e alla crescente tensione tra Washington e Pechino. Perché la situazione attuale di Taiwan e i fatti politici dovrebbero interessare il mondo occidentale, l'Europa e l'Italia? "Il mondo di oggi non è più come una volta ma è fortemente interconnesso. Ne abbiamo avuto prova con la pandemia: non solo sotto il punto di vista sanitario ma anche sotto quello economico: le ripetute chiusure di industrie, la sospensione dei voli e la riduzione dei flussi commerciali hanno interrotto le supply chains, gravando sull’economia di tutti i Paesi. L’industria dei semiconduttori, di cui Taiwan è leader mondiale, è l’esempio più noto. Taiwan è in una posizione strategica, un’area la cui rilevanza è sempre più ampia in seguito alla crescente competizione tra Washington e Pechino. Inoltre, e non è un fatto secondario alla luce dei tristi eventi recenti, Taiwan è un Paese democratico, libero e aperto. Un Paese dove le libertà di parola, di religione e di stampa sono tutelate, così come sono tutelati i diritti umani e i diritti civili. Taiwan è un avamposto della democrazia di Asia Orientale e appartiene a quella catena di Paesi, come la Corea del Sud o il Giappone, che mantengono vivi questi valori in Oriente. Quello che accade in Taiwan e nelle zone circostanti interessa fortemente il mondo occidentale, quindi anche l’Europa e l’Italia". Pensa che la guerra in Ucraina potrebbe causare un'escalation nell'area del sud-est asiatico? "No, perché le due cose non sono strettamente collegate. Certo, non si possono e non si devono ignorare i rischi, né si deve sottovalutare o derubricare la possibilità di un’escalation, perché come detto il pianeta è sempre più interconnesso, visto che da 73 anni c’è una relativa pace tra Taiwan e Cina, e noi taiwanesi siamo aperti al dialogo continuo con la Cina. Allo stato attuale non vedo un’immediata correlazione tra la crisi in Ucraina e una possibile deflagrazione di conflitti nel Sud-Est Asiatico". Vediamo Hong Kong e altri Paesi ancora alle prese con Covid-19. Cosa ha fatto la differenza nella gestione delle pandemie a Taiwan? "L’esperienza innanzitutto. Taiwan nel 2003 ha vissuto l’epidemia di SARS. Siamo stati più sensibili e reattivi ai primi cenni di questa pandemia. Non solo, prima che diventasse un fenomeno mondiale, già nel 2019 i nostri medici avevano previsto un possibile rischio. Avevano anche allertato l’OMS, tuttavia il fatto che a Taiwan non è permesso prendere parte alle attività dell’Organizzazione a causa del veto di Pechino, i nostri ammonimenti sono caduti nel vuoto. All’inizio abbiamo subito chiuso le frontiere con la Cina, abbiamo potenziato i controlli e abbiamo immediatamente istituito un Centro di Comando con a capo il Ministro della Salute per meglio gestire la situazione. Un altro elemento che ci è venuto in soccorso è stata la tecnologia. Senza bisogno di ricorrere a misure autoritarie di lockdown, siamo riusciti a contenere la diffusione del virus monitorando costantemente la circolazione del virus e delle persone e il loro stato di salute. Infine, un grande aiuto ci è venuto dalla popolazione. I cittadini taiwanesi hanno rispettato le normative e le indicazioni del governo, hanno seguito i consigli, si sono fidate. Questo è un altro elemento caratteristico della società taiwanese: al netto degli ovvi dibattiti politici, delle discussioni e delle divergenze che rendono sana e vigorosa la nostra democrazia, i cittadini hanno creduto alle istituzioni così come le istituzioni hanno rispetto dei cittadini". Quali sono gli scenari futuri che vede per Taiwan? "Taiwan è un Paese forte, libero e ricco. Siamo un’economia sana, abbiamo forti legami commerciali e culturali con i principali Paesi del mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per l’Unione Europea e quindi per l’Italia. La nostra è una democrazia liberale forte nonostante di recente formazione, dal momento che è stata raggiunta negli anni Novanta. Siamo un Paese che vuole essere parte del mondo. Lo dimostriamo ogni volta che si presenta un’occasione. Nei primi mesi della pandemia abbiamo donato mascherine e apparecchiature sanitarie a molti Paesi, tra cui l’Italia, e ora stiamo facendo del nostro meglio con gli aiuti ai rifugiati che fuggono dalla guerra in Ucraina. Siamo anche un Paese orgoglioso. Certo abbiamo alleati, amici e partner su cui contare, ma siamo consapevoli che ogni Paese deve essere in grado di stare in piedi sulle proprie gambe ed è con questa consapevolezza che andiamo avanti. Naturalmente siamo anche consci dei grandi mutamenti che sta attraversando il mondo in questi ultimi anni, ancora di più con l’accelerazione delle ultime settimane causata dall’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, quindi non andiamo avanti con il paraocchi. Abbiamo sfide davanti a noi, ma le abbiamo avute per molti anni se non decenni e siamo pronti anche ad attraversare eventuali periodi di difficoltà".