Alessia Piperno, dov'è. Il carcere Evin: torture, rifiuti nel cibo e detenuti eccellenti

La travel blogger arrestata in Iran è stata rinchiusa in una struttura riservata a dissidenti e prigionieri politici. Ha "ospitato" così tanti intellettuali da essere nota come "l'università"

Sono ore di ansia per la sorte di Alessia Piperno, la viaggiatrice solitaria romana di 30 anni, arrestata lo scorso 28 settembre in Iran dalle forze di polizia in seguito alle proteste per la morte di Mahsa Amini. Dopo giorni di assoluta incertezza sul suo destino, compreso il luogo in cui fosse stata portata dopo essere finita in manette, si è saputo almeno dove si trova ora la giovane travel blogger. Alessia è stata condotta nel carcere di Evin, a Teheran, la capitale della repubblica islamica. Se, quindi, da un lato familiari e amici almeno sanno che Alessia è viva ed è detenuta in un posto ben preciso e conosciuto, dall'altro i timori montano ulteriormente, ad apprendere delle caratteristiche della struttura carceraria.

Evin: dove si trova e chi sono i prigionieri

Il carcere di Evin si trova a nord di Teheran, vicino a un ospedale, a pochi chilometri di distanza dal fiume Darakeh, che scorre nei paraggi. La struttura penitenziaria è tristemente nota perché usata dalle autorità iraniane per rinchiudere detenuti politici, oppositori e prigionieri di coscienza.  A Evin è stato incarcerato, ad esempio, il noto regista Jafar Panahi, Leone d'oro nel 2000 a Venezia per "Il cerchio", che con uno sciopero della fame aveva denunciato le disumane condizioni di detenzione alle quali sono sottoposti i detenuti.

Nella sezione femminile del carcere è stata detenuta per sei anni anche Nazanin Zaghari-Ratcliffe, cittadina britannico-iraniana rientrata a Londra a marzo in seguito a un accordo tra l'Iran e la Gran Bretagna.  Diverse sono le organizzazioni per la tutela dei diritti umani, tra cui Amnesty International, che hanno più volte acceso i riflettori sulle violenze in questo carcere. Ha "ospitato" così tanti intellettuali e uomini di cultura da essere ribattezato "l'università di Evin".

Le condizioni di detenzione

A Evin, prima di Alessia Piperno, somo rimaste rinchiuse per tre mesi altri due travel blogger, gli australiani Jolie King e Mark Firkin, accusati di aver fatto volare un drone con macchina fotografica senza autorizzazione. Le condizioni di prigionia sono descritte come terribili. Le guardie al suo interno sarebbero soliti minacciare i detenuti di morte attraverso metodi terribili come lo smembramento. Non solo: spesso sarebbero costretti a cibarsi di spazzatura. Nelle celle, poi, si dormirebbe sulla nuda terra, circondati da scarafaggi e altri insetti. Al momento i detenuti sarebbero circa 15mila.

Torture e violenze psicologiche?

Detenuti che sono riusciti a uscire da Evin hanno descritto anche torture e vessazioni psicologiche. C'è chi ha raccontato di essere stato bendato durante i movimenti all'interno del carcere, persino nel corso dell'ora d'aria (che poi si riduce a una sgambata di 20 minuti). Altri hanno parlato di pesanti interrogatori in cella, durati alcune ore. Testimonianze narrano di pasti che contengono pietre, pezzi di metallo e altri scarti non commestibili. Alcuni prigionieri verrebbero isolati in celle profonde un paio di metri, senza alcuna finestra o apertura. In questi "loculi" la luce artificiale sarebbe tenuta sempre accesa, per privare i detenuti del sonno. Le guardia minaccerebbero violenze inaudite, compreso il taglio degli arti. L'accesso al bagno, in qualche occasione, sarebbe stato negato per due settimane.