Afghanistan, le attiviste Pangea in volo verso l'Italia. Una "P" sulla mano per salvarsi

Nella bolgia dell'aeroporto di Kabul, sono state riconosciute grazie alla P disegnata sulla mano: sono 240 le persone che aspettano di lasciare il Paese

Le attiviste e i loro familiari all'aeroporto di Kabul questa mattina

Le attiviste e i loro familiari all'aeroporto di Kabul questa mattina

Kabul, 23 agosto 2021 - Una buona notizia arriva dalla bolgia dell'aeroporto di Kabul, dove la tensione è alle stelle e dove si continuano a imbarcare afghani in fuga dai talebani. Le attiviste di Pangea, la onlus milanese attiva in Afghanistan, la cui sorte aveva destato molta apprensioni dopo la presa del potere dei talebani, sono riuscite a raggiungere l'aeroporto di Kabul con le loro famiglie. Alcune di loro sono già state imbarcate per l'Italia e arriveranno a Roma nelle prossime ore. "Le attiviste di Pangea sono state forti e hanno resistito. Hanno combattuto come leonesse per entrare in quell'aeroporto. Da questa mattina all'alba le donne di Pangea e loro famiglie sono tutte all'interno dell'aeroporto di Kabul. Alcune sono già state imbarcate! Le abbiamo salvate insieme!", si legge in una storia di Instagram dell'organizzazione. In attesa di raggiungere l'Italia, si apprende dall'organizzazione, ci sono 240 persone tra collaboratrici e loro familiari. 
 
C'era molta apprensione per le donne che hanno collaborato in questo anni con la onlus. "Alcune donne di Pangea sono state picchiate dai talebani. Vedere le foto con i loro lividi è stato straziante. I bambini hanno assistito a scene di violenza inaudita e sono molto spaventati. Da venerdì Pangea lavora senza sosta per aiutare le colleghe di Kabul e le loro famiglie a raggiungere l'aeroporto. Sono stati giorni difficili. Le donne dello staff di Pangea e le loro famiglie sono rimaste intrappolate nella folla per ore, senza acqua, anche con bambini piccolissimi tra le braccia".
 
L'aeroporto, come detto, è nel caos totale. Ma grazie al console italiano Tommaso Claudi, il capitano Alberto Del Basso e il coordinamento del presidente della onlus Luca Lo Presti, le attiviste hanno potuto essere imbarcate. Le donne si sono disegnate una "P"
sul palmo della mano, insieme ai loro familiari, per farsi riconoscere dai carabinieri del Tuscania che le hanno accompagnate al gate dell'aeroporto di Kabul da dove sono partite per Roma, lasciandosi indietro la paura dei talebani che le avevano da giorni nel mirino per il loro impegno da molti anni nella costruzione e nella difesa dei diritti delle donne afghane e le hanno anche picchiate, lasciando dei lividi sui loro corpi.
 
Il presidente dell'organizzazione milanese, Luca Lo Presti, racconta all'AGI l'operazione, con scene epiche come quella del giovane console italiano Tommaso Claudi "in piedi sui container" per avvistare uomini e donne da imbarcare. "L'idea di far disegnare una 'P' sul palmo è venuta a me perche' l'aeroporto è diventato un tritacarne, bisognava far in modo che i nostri venissero riconosciuti dai carabinieri guidati dal capitano Alberto Del Basso, che è andato ben oltre il suo dovere, mostrando un grandissimo cuore. Assieme ai carabinieri c'era un ragazzo afghano del nostro team che li aiutava a identificare le persone".
Si è deciso di portare in Italia anche i cari delle attiviste perché "nei giorni scorsi, dopo che abbiamo messo in luoghi protetti le ragazze, i talebani se la sono presa coi loro parenti, portando via fratelli e bambini, oltre a bruciare le case". Il contatto con le attiviste è stato continuo, anche nei momenti più complicati.
"Un gruppo di 25 donne coi bambini è rimasto chiuso fuori dal gate dalle 3 del mattino fino alle 6 del giorno dopo. Senza cibo né acqua, senza potersi mai sedere, pigiate nella folla, preoccupate per le voci secondo le quali il gate non avrebbe più riaperto. Ci sono stati attimi di grande panico". A quel punto, Luca, la moglie Maria e gli altri di Pangea hanno scelto di sdrammatizzare: "Gli abbiamo promesso che le portiamo al mare perché qui è ancora estate. Compriamo un bikini a tutte e ci andiamo davvero. Faremo un grande tuffo". Il sogno di Lo Presti deve aspettare, prima bisogna salvare ancora altri collaboratori di Pangea, meno esposti delle attiviste sottratte alla vendetta dei talebani.