11 settembre 2001-2021: le tre vite di Benito Chiara Jr, manager scampato all'attentato

Dopo il crollo delle Twin Towers si trasferisce in Florida e diventa sceriffo, poi lascia la stelletta e crea una società di investimento. Passa ogni anniversario con i colleghi sopravvissuti: "E' il nostro compleanno"

Benito Chiara Jr quando lavorava alle Torri Gemelle, in divisa da sceriffo e ora manager

Benito Chiara Jr quando lavorava alle Torri Gemelle, in divisa da sceriffo e ora manager

"Io sono nato per la seconda volta l'11 settembre 2001, da quel giorno assieme ai colleghi scampati all'attentato festeggiamo la nuova vita che ci è stata regalata". Benito Chiara Junior, 51 anni, nel 2001 manager al 106° e 107° piano della Torre Nord, ha perso 90 colleghi nell'attacco terroristico al cuore del World Trade Center. Solo per una fatalità lui è scampato all'attentato in cui morirono 2.603 persone e altre 24 rimasero disperse.

Signor Chiara il giorno dell'attentato alle Twin Towers lei non era nel suo ufficio, cosa ha pensato quando ha visto le immagini delle Torri che crollavano? "Mi sono chiesto, e mi chiedo tuttora, perché quel giorno non fossi lì con i miei colleghi e perché la mia vita sia stata risparmiata. In quel periodo lavoravo sette giorni su sette per 12 ore al giorno. Avevo 30 anni ed ero uno tra i più giovani manager delle Twin Towers, gestivo circa 150 dipendenti per Windows on the world, uno dei più esclusivi ristoranti di New York. Non avevo mai saltato un giorno di lavoro prima di quell'11 settembre".

Come ha saputo dell'attacco terroristico? "Da casa mia si vedevano le Torri Gemelle, quella mattina ho notato una nuvola di fumo intorno all'Edificio 1. Ho pensato che fosse un elicottero da turismo che magari si era avvicinato troppo alla facciata o aveva avuto un guasto. Il primo pensiero è andato ai miei genitori, che abitano in Sicilia. Ho telefonato per avvertire che c'era stato un piccolo incidente alla Torre Nord e rassicurarli che io stavo bene. All'epoca avevo una vecchia segreteria telefonica che poteva registrare fino a 99 messaggi e li ha registrati tutti in un paio di minuti. Inizialmente non capivo perché così tante persone mi stessero chiamando. Quando ho realizzato cosa fosse accaduto realmente sono rimasto sotto choc".  

Lei si sente un "miracolato"? "Sicuramente lo sono, e come me altri colleghi che hanno storie incredibili. Come lo chef stellato Michael Lomonaco che lavorava a Windows on the World e, anche dietro mia insistenza,  quel giorno è andato a farsi riparare gli occhiali da vista. Così è arrivato più tardi del solito ed è scampato al crollo della Torre Nord. Un altro collega è arrivato in ritardo perché la moglie non gli aveva stirato la sua camicia portafortuna e ha dovuto aspettare che lo facesse. Avevamo una riunione importante e avevo raccomandato a tutti di essere impeccabili. Ci sono tante storie come queste e noi sopravvissuti all'11 settembre le ricordiamo quando ci troviamo a festeggiare il nostro compleanno comune, questa seconda opportunità che ci è stata concessa".

Sei mesi dopo gli attentati lei ha lasciato New York e iniziato una nuova vita in Florida, dov'è diventato sceriffo. Cosa l'ha spinta a fare una scelta così radicale? "In quel periodo volevo fare tutto ciò che era in mio potere per sistemare le cose. Alcuni dirottatori avevano frequentato centri di addestramento al volo proprio in Florida, ed è da lì che ho deciso di ripartire. Ero giovane e arrabbiato, ma con il passare degli anni ho trovato il mio equilibrio e una nuova ragione per vivere. Ricordo il giorno in cui entrai nel dipartimento dello sceriffo e presentai domanda. Mi chiesero se ne ero sicuro perché la paga sarebbe stata molto inferiore a quanto guadagnavo allora. Raccontai la mia storia e mi accettarono in Accademia. C'erano più di 30.000 candidati, io mi sono laureato secondo nella mia classe e sono diventato sceriffo.  Spesso mi domando cosa avrei fatto se avessi catturato qualcuno legato agli attentati dell'11 settembre. Oggi credo sia meglio che non lo abbia fatto".

Perché ha lasciato la vita da sceriffo? "Ho capito che la vendetta non mi avrebbe restituito gli amici e i colleghi che avevo perso, così ho lasciato la divisa e ho creato una società di gestione e investimento immobiliare. Ma sono rimasto a vivere in Florida. Per me New York senza le Torri Gemelle appartiene al passato e a una vita che non esiste più. Quasi nessuno dei sopravvissuti all'attacco terroristico è rimasto a New York. Troppi brutti ricordi".

Da 20 anni lei convive con quei drammatici ricordi. "Quei ricordi mi danno forza, li uso per essere un padre migliore per i miei figli, un marito migliore per mia moglie e un fratello migliore".

Cosa ha raccontato ai suoi figli di quel giorno? "Ho tre bambini, due femminucce di 9 e 7 anni e un maschietto di 5, loro sanno che delle persone cattive hanno cercato di portare via il loro papà. Sanno anche che sono molto presente nelle loro vite e li proteggerò sempre da chiunque e da qualsiasi cosa".

La chiave dell'ufficio di Chiara al 107° piano della Torre Nord, un fermacarte e i post it
La chiave dell'ufficio di Chiara al 107° piano della Torre Nord, un fermacarte e i post it

Dopo questi 20 anni cosa le fa più male? "Tutti gli amici che ho perso e come è cambiato il mondo. Spero in qualche modo di averlo reso un posto migliore".

Come ha reagito al ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan? "Nessuna persona civile desidera la guerra o la vendetta. Sono triste per tutte le vite che sono state perse invano. Mi dà conforto sapere che un giorno io sarò in un luogo di pace per l'eternità, mentre chi ha fatto del male sarà da qualche altra parte".