11 settembre, il ricordo: "Ho alzato la testa e ho visto una torre cadere"

Il racconto di Margherita Alli, legnanese trapiantata a New York: "Sembrava di trovarsi in un film catastrofico. I giorni seguenti scenario surreale, come fossimo in guerra"

Margherita Alli a New York

Margherita Alli a New York

Il tassista che scoppia in lacrime. La lunga camminata senza mai alzare la testa. La folla che si riversa in locali e negozi per incollarsi ai televisori. La colonna di camion dei pompieri ricoperti di cenere. Istantanee di quella mattina di vent'anni fa che riaffiorano nella mente di Margherita Alli, milanese di Legnano trapiantata a New York.

Cosa ricorda di quell'11 settembre 2001? “Ricordo che era una bellissima mattina di sole. Mi stavo preparando per andare al lavoro e a casa con me, a St Mark's Place, c'era anche mia mamma che era venuta a trovarmi. Abbiamo sentito un forte rumore e, scherzando, abbiamo proprio detto 'ma è caduto un aereo?' Però non ci siamo preoccupate più di tanto, perché in una città come New York è abbastanza normale sentire rumori anche molto forti”.

Poi cosa ha fatto, allora? “Sono uscita ed effettivamente ho visto diverse persone che guardavano verso l'alto. Mi sono infilata in metropolitana e, dopo circa un quarto d'ora, sono tornata in superficie e ho ricevuto la telefonata della mia collega che mi diceva di non uscire di casa, perché un aereo si era abbattuto sulle Torri Gemelle”.

Quindi è tornata a casa? “No, perché in quel momento non si sapeva ancora se si trattasse di un incidente o di un attacco terroristico. Sono arrivata al cantiere dove ero diretta e ho trovato tutti agitati, gli operai sul tetto per vedere cosa stesse succedendo. A quel punto ho deciso di tornare a casa, anche perché mia mamma proprio quella mattina mi aveva detto che le sarebbe piaciuto salire sulle Torri Gemelle, visto che era una splendida giornata”.

Siete riuscite a parlarvi? “No, perché i telefoni hanno cominciato a non funzionare più. Ho preso un taxi ma c'era un traffico infernale, intanto la radio cominciava a dare la notizia dell'attacco terroristico e un certo punto il tassista non ha retto: si è messo a piangere e mi ha fatto scendere, ha smontato così all'improvviso dal turno”.

Cosa ha fatto allora? “Ho proseguito a piedi, scendendo per la Broadway piena di gente che si riversa nei bar e nei negozi per guardare la televisione. Io cammino a testa bassa, fino quando non arrivo a Union Square, molto vicino al World Trade Center, e non riesco più a proseguire: a quel punto alzo lo sguardo e proprio in quel momento vedo una delle torri cadere, non ricordo se fosse la prima o la seconda”.

Cosa ha pensato in quel momento? “Credevo di essere dentro uno di quei film catastrofici americani. A quel punto mi sono diretta a casa a passo svelto e ho trovato mia madre che per fortuna non era uscita”.

I giorni seguenti come sono stati? “Sembrava di essere in guerra, mi pareva di vivere a Beirut, coi carri armati per strada e continue allerte. Elicotteri che di notte volavano a bassa quota, illuminando a giorno case e cortili, l'evacuazione dell'Emprire State Building per un nuovo allarme. Non sono potuta andare in ufficio per 3-4 giorni, la città era come divisa in due: sopra la 14esima strada si viveva più o meno normalmente, downtown invece era blindata. Per tornare a casa, ad esempio, dovevo dimostrare di abitare lì. Uno dei giorni successivi all'attacco, sono andata a Brooklyn per vedere per la prima volta Manhattan senza le Torri Gemelle. Mi ha fatto molto effetto”.

E' stata a Ground Zero? “Ci sono stata due-tre mesi dopo l'attacco, quando era solo un cumulo di macerie. Una montagna alta 30 metri, impressionante. Oltre alle torri, infatti, erano crollati altri due-tre palazzi e alcuni li hanno dovuti demolire subito dopo perché pericolanti. Uno scenario desolante in tutta l'area”.

Al memoriale invece è mai andata? “Solo una volta, anni dopo, perché me lo ha chiesto mio figlio. Che tra l'altro è nato il 12 settembre 2011, praticamente nel decennale dell'attacco. Il memoriale è sicuramente qualcosa di forte impatto, con tutti i nomi delle vittime, ma ho l'impressione che interessi più i turisti che i newyorchesi”.

Com'è la zona dell'ex World Trade Center oggi? “Ci ha messo un po' a riprendersi e nel 2012 ha dovuto fare i conti anche coi danni dell'uragano Sandy, ma nell'ultimo decennio si è risollevata sia sotto l'aspetto commerciale che sotto quello residenziale, con la costruzione di nuovi edifici, alcuni anche avveniristici. Soprattutto, hanno sistemato e valorizzato il Pier 17 che oggi è una della principali attrattive della città”.

Vent'anni dopo, qual è il ricordo dell'11 settembre a New York? “Chi ha avuto vittime nell'attacco ovviamente lo sente maggiormente, così come i vigili del fuoco e la polizia che sono stati in prima linea. Per il resto, a parte nel decennale quando c'era stata una grande commemorazione col presidente Obama, non vengono organizzate particolari cerimonie. Ne parlano più gli stranieri che i newyorchesi. In questi vent'anni nella Grande Mela, mi sarà capitato di parlarne una o due volte con amici e conoscenti”.