Milan e Inter vogliono abbattere San Siro, Vecchioni: "Ma quelle luci non si spegneranno"

L'autore della celebre canzone: "Anche se lo stadio non esisterà più fisicamente, il nostro cuore rimarrà sempre lì"

Roberto Vecchioni

Roberto Vecchioni

Milano, 25 giugno 2019 - Per lui  i riflettori di San Siro si accesero sul finire degli anni ’40 quando, all’età di cinque anni, nella Milano del dopoguerra, il padre lo accompagnò per la prima volta allo stadio, gettando i semi della passione per il calcio nel futuro tifosissimo nerazzurro. Nel 1971 Roberto Vecchioni cantò «Luci a San Siro», uno dei capolavori della musica italiana. Una vita legata al tempio del football e della musica, luogo simbolo della sua Milano che nell’arco di una manciata di anni potrebbe diventare un cumulo di macerie, sostituito da una struttura nuova di zecca firmata Inter e Milan. 

Dalle ultime parole di Paolo Scaroni e Alessandro Antonello sembra che il destino dello stadio sia ormai segnato. Si spegneranno le luci a San Siro. «Le luci a San Siro non si spegneranno mai: anche se lo stadio non esisterà più fisicamente il nostro cuore rimarrà sempre lì. Piuttosto preferisco pensare che rimarranno accesi due riflettori, sul ricordo dello storico stadio Meazza e sulla nuova struttura che verrà costruita». Il “tempo emigra”, come scriveva nella canzone. È arrivato il tempo, quindi, di avere un nuovo stadio? «Il mio cuore è dalla parte di San Siro. Se non viene toccato sono contento, ma se dovesse essere costruita una nuova struttura non sarebbe certo un dramma. In questo periodo Milano può fare di tutto, sta vivendo uno stato di grazia e lo dimostra l’aggiudicazione dei Giochi invernali 2026. Secondo me ha superato anche città come Parigi, e la sfida del nuovo stadio non mi fa certo paura».  Qual è il suo primo ricordo legato a San Siro? «Avevo cinque anni e mio padre mi portò per la prima volta allo stadio. Lui, originario di Napoli, quando si era trasferito a Milano aveva iniziato a tifare Milan. Ma a a me già all’epoca quella squadra proprio non piaceva. Allora chiesi a mio padre se ci fosse un’altra squadra a Milano. ‘C’è l’Inter ma perde sempre’, mi rispose. E io, bastian contrario, iniziai a tifare Inter. Negli anni ’50, poi, abbiamo iniziato anche a vincere».  Adesso va ancora allo stadio? «Ci vado raramente, magari per vedere il derby o Inter-Juve. Ormai ho 75 anni, una famiglia numerosa e un lavoro che mi tiene impegnato tutto il giorno. Le partite le vedo in televisione».  Inter e Milan sono rivali sul campo ma alleate nel progetto del nuovo stadio. Si fida dei “cugini” rossoneri? «Come ogni interista che si rispetta sono antimilanista, ma non odio i milanisti. Va benissimo lavorare insieme al progetto, ma rimarremo sempre due squadre rivali».  Con l’addio al Meazza si perde anche un tempio della musica, che ha ospitato i più grandi artisti... «Per questo è importante che, una volta abbattuto lo stadio, lo spazio resti a vocazione musicale».  Che cosa le piacerebbe? «Vorrei un posto dove poter ascoltare musica jazz, un parco, un luogo fruibile da tutti i milanesi. Così verrebbe rispettata la memoria di San Siro. Bisogna evitare che venga ridotto a un parcheggio per il nuovo stadio, una colata di cemento in un luogo simbolo del calcio». 

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