Peter Hammill: "Ho affinità con De Andrè e Tenco, metà della mia anima è italiana"

I Van Der Graaf Generator sbarcano al Nazionale. "I primi tour furono indimenticabili"

Van Der Graaf Generator

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Milano - Dopo la tappa bresciana di venerdì, i Van Der Graaf Generator sbarcano questa sera, lunedì 9 maggio, sotto i riflettori del Nazionale per chiudere a Milano questo loro tour 2022. Il settantatreenne Peter Hammill, pilastro irrinunciabile con Hugh Banton e Guy Evans dell’epopea di "Pawn Hearts" e "H to He, Who Am the Only One", se ne dice soddisfatto.

Hammill, cinquantadue anni dopo 'The least we can do is wave to each other' cosa resta nella band dello spirito di allora?

"Immagino che l’esperienza l’abbia un po’ cambiato. Ma continuiamo a fare la musica che ha senso per noi senza prestare necessariamente attenzione a quanto ci accade attorno. Guardando alla storia dei Van Der Graaf, questa non è stata forse una ricetta per la celebrità, ma ci ha regalato buone soddisfazioni artistiche".

I suoi testi sono pieni di riferimenti al tempo che passa e alla nostalgia. Eppure i nuovi capitoli aperti nel tempo da «Goldbluff» e da «Present» dicono che ha sempre guardato avanti.

"Anche se non siamo sulle prime pagine di storia, guardo al futuro (a parte quello del Regno Unito, dove vivono i miei figli e i miei nipoti, perché il disastro della Brexit continua a propagare i suoi effetti) con un certo ottimismo. Il passato continua a risvegliare bei ricordi, però faccio del mio meglio per vivere pienamente il presente, giorno per un giorno, show dopo show".

Un momento speciale della sua lunga esperienza italiana? "Non uno, ma molti. Per lo più straordinari, ma alcuni davvero catastrofici. I primi tour coi Van Der Graaf furono davvero speciali e pure quello da solista come supporter di Peter Tosh negli stadi. E poi qui ho passato tanti bellissimi momenti con la mia famiglia; alle Cinque Terre, sul Lago di Como, sulle Dolomiti, in Toscana, in Umbria… Penso di poter dire che almeno metà della mia anima è italiana".

Durante il lockdown ha registrato un album con cover di tango e omaggi a Fabrizio De André, Luigi Tenco e Piero Ciampi. Come mai?

"Come diversi altri musicisti e scrittori, durante l’isolamento mi sono reso conto che in quelle condizioni era difficile avviare un nuovo processo creativo. Così ho preso a fare cover, inizialmente per semplice divertimento, per mettermi alla prova con qualcosa che non avevo fatto molto prima; da fan della musica di Piazzolla, mi sono buttato sui tanghi. Poi sono venuto in Italia a ritirare il Premio Tenco e mi sono interessato alla sua musica. Idem con Ciampi, quando mi è stato assegnato a Livorno il riconoscimento che porta il suo nome. ‘Hotel Supramonte’ di De André, invece, la conoscevo già. Con tutti ho delle affinità e questo rende a tutti gli effetti ‘In translation’ un album di Peter Hammill anche se composto da composizioni altrui".

Hai ricevuto il Premio Tenco all’Ariston. Da inglese che vive molto in Italia, ha mai capito il fenomeno del Festival che si svolge su quello stesso palco?

"Per un inglese non credo sia umanamente possibile capire completamente Sanremo, perché non c’è niente di simile nel Regno Unito e, penso, neppure nel mondo. Ma capisco l’importanza di un evento del genere per le carriere di autori e cantanti".

 

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