Piano City, a Milano concerti sotto le stelle

Riccarda Belgiojoso, direttrice artistica con Titti Santini: da Ibrahim a Picco, tanta musica

Cesare Picco durante la sua esibizione di Piano City

Cesare Picco durante la sua esibizione di Piano City

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Un palcoscenico sorprendente. "Più che i duemilacinquecento spettatori plaudenti e la fila fuori dai giardini della Galleria d’Arte Moderna, per Abdullah Ibrahim il ricordo più forte del concerto inaugurale di Piano City, venerdì sera, è stata l’esperienza di suonare sotto le stelle" assicura Riccarda Belgiojoso, direttore artistico con Titti Santini della rassegna. "Ce l’ha detto lui stesso, spiegando pure di aver trovato nel programma proposte interessanti che l’hanno indotto ad allungare di un giorno la permanenza a Milano condividendo, così, lo spirito del Festival che è proprio quello di creare dei ponti tra sensibilità e culture pianistiche diverse".

E se i giardini della GAM o la Triennale costituiscono da anni crocevia abituali per l’offerta di Piano City, fra i punti di forza della manifestazione c’è pure la sua vocazione a raccontare il pianoforte negli spazi vitali della città, arricchendo il programma di “location” sempre nuove e particolari. "Quest’anno, ad esempio, abbiamo incluso piazza Adriano Olivetti, luogo non ancora abitato, ma pronto ad assumere una sua fisionomia ben definita" conferma la Belgiojoso. "Un po’ come accaduto ieri con le ‘Maroccan songs’ di Amine Mesnaoui all’ex Macello o con Cesare Picco al Lampo - Scalo Farini, una sezione del vecchio presidio ferroviario dove nessuno era mai ancora stato e che, nell’attesa dei lavori di ristrutturazione, ci ha spalancato le porte". Questo grazie proprio all’esibizione di Picco, una delle anime sottili del piano contemporaneo, protagonista nei cinquemila metri quadri dell’ex struttura ferroviaria di un’esibizione unica e irripetibile.

"Visto che a breve lo Scalo Farini verrà completamente ripensato, per i milanesi è stata la prima e unica occasione di scoprirlo così com’è" conferma il compositore e pianista vercellese.

"La storia del luogo e la sua ‘temporaneità’ hanno conferito, infatti, all’emozione della serata un elemento in più. D’altronde a me, usando sia l’improvvisazione che altri linguaggi, è sempre piaciuto dare vita a momenti che nascono e si esauriscono nel momento della condivisione. Per questo al Farini ho scelto un percorso focalizzato sul potere del suono e sul bisogno di parteciparlo assieme al pubblico con la profondità che può regalare l’armonium.

Ecco perché nei grandi locali di via Valtellina, oltre a suonare il gran piano, ho voluto arricchire l’esibizione con i colori dell’armonium e del clavier, offrendo alle composizioni dei miei ultimi due album ‘The last gate’ e ‘Alchemy’, credo, un impatto acustico potente".

 

 

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