Milano, 28 marzo 2014 – La Milano Est del rap esce allo scoperto. Quella parte della città animata dalla passione per la musica di strada è pronta a dire la sua: purché in rima e rigorosamente su di un beat. Esce oggi “N.C.M.N.”, l’album di esordio dei Fainest. I due giovani rapper di Pioltello Dily e Blade Nmk (all’anagrafe Mario Di Lorenzo e Fabio Nocella), hanno riversato tutta la loro rabbia - sapientemente diluita con la giusta dose d’ironia - all’interno delle 15 tracce del disco anticipato dai due singoli “Non ci sto dentro più” e “L’ultimo giorno”. Per conoscere più da vicino il “pianeta Fainest” e capire cosa ci riserva il loro primo album, abbiamo incontrato Dily, “l’anima pensante” del gruppo.

Tu e Blade avete alle spalle esperienze da solisti. Com’è nata l’idea di lavorare insieme?
“Ci conosciamo dalle scuole superiori e ciò che ci lega è anzitutto un sentimento di amicizia. Dal punto di vista musicale lo considero un po’ il mio mentore perché è stato lui ad aprirmi la mente al rap italiano anche perché a Pioltello è stato fra i precursori di questo genere. Per qualche anno ognuno ha camminato sulla propria strada poi, per ragioni diverse, ci siamo entrambi staccanti per un periodo dal rap fino a ritrovarci nel 2012 con una gran voglia di dire qualcosa. E tutta questa voglia è confluita nel progetto Fainest”.

Cosa significa Fainest?
“Fainest è un gioco di parole che sta per ‘Il meglio della Est’. La storpiatura e l’italianizzazione del termine ‘fine’ in ‘fain’ vuole essere un omaggio alla nostra zona. Una sorta di dichiarazione d’amore orgogliosa per le nostre origini e per ciò che rappresenta essere un artista hip hop proprio a Milano. L’area di Pioltello è molto nota nell’ambiente underground e in questo modo volevamo renderle giustizia”.

Veniamo a N.C.M.N. Cosa vuol dire? E quanto lavoro c’è dietro a questo album?
“N.C.M.N. è l’acronimo di ‘Non ci manca niente’. Una sorta di dichiarazione d’intenti per dire, senza alcuna presunzione, che abbiamo tutte le carte in regola per giocare a questo gioco chiamato hip hop. Ma rappresenta anche la voglia di tornare in scena per far sentire a tutti come suona la zona Est di Milano e, in un certo senso, di prenderci la nostra rivincita. Abbiamo lavorato a questo disco per diversi mesi, incessantemente. E’ stata una lunga ricerca sia a livello di sonorità che di tematiche anche se in realtà la stesura dei testi è stata molto rapida. Quasi di getto. Dopotutto, da buoni MC, abbiamo una scrittura piuttosto facile”.

Il primo estratto “Non ci sto dentro più” vanta una produzione di prim’ordine come quella di MasterMaind e il video racchiude una performance di Betty Style, talentuosa e ricercatissima ballerina hip hop, conosciuta anche a livello internazionale. Un bel biglietto da visita…
“Per questo singolo volevamo qualcosa che scuotesse le orecchie così abbiamo cercato la collaborazione di veri professionisti del settore. MasterMaind ha prodotto successi come ‘La soluzione’ di Fabri Fibra e ‘Ti porto a ballare’ di Fedez e per come avevamo immaginato il nostro pezzo il suo beat era perfetto. Insieme al Kermit ha prodotto la base che è qualcosa di davvero originale. Il nostro obiettivo infatti è quello di sperimentare il più possibile, non abbiamo paura di osare e non vogliamo nemmeno legarci a un sound preciso: semplicemente abbracciare ciò che ci piace. E il risultato è stato raggiunto anche perché il singolo è stato apprezzato e ha registrato moltissime visualizzazioni. Il video invece è stato realizzato da un team di ragazzi che si chiama Headwood sotto la regia di Andrea Sanna. Protagonista anche Betty Style a cui il brano è piaciuto subito e il fatto di averla con noi è stato un grande onore anche perché, il parere favorevole di una professionista del suo calibro, ci inorgoglisce non poco”.

In una strofa di “Paranoia” dite “riempio sto quaderno per scappare un domani via dall’anonimato eterno” ma anche “vorrei fare del rap il mio lavoro vero”. Il sogno si sta avverando?
“Per il tempo e le energie spese nella realizzazione del disco possiamo dire di sì. Il sogno di ogni artista è sicuramente quello di poter vivere di sola musica ma per ora continuiamo a dividerci fra ‘lavoro vero’ e rap nella speranza di occuparci di musica a 360 gradi. Purtroppo a volte l’impegno non basta: per emergere occorre anche la giusta dosa di fortuna”.

Il testo del brano “L’ultimo giorno” invece recita: “di tutto quello che ho passato cosa resterà…lasciare il segno non è facile”. Qual è la traccia che volete imprimere?
“Quello che ci piacerebbe trasmettere è la nostra passione per la musica che è anche passione per quello che facciamo e per la vita. Le canzoni comunicano anche la nostra visione del rap e l’intento vuole essere principalmente quello di veicolare delle emozioni. Come dice sempre Marracash ‘riuscire a trasformare un pezzo in uno stato d’animo significa aver fatto centro’. Quando la musica è in grado di far riaffiorare dei ricordi in chi la ascolta, far sorridere o piangere, vuol dire aver raggiunto un livello importante, qualcosa che va oltre la mera scrittura o la discografia”.

Le vostre basi sono davvero originali e sembrano attingere da vari generi musicali. “Paranoia”, ad esempio, si chiude con un giro di chitarra vagamente rock…
“In effetti certi elementi come un assolo di chitarra sono piuttosto inconsueti nella musica rap. Ma come ho già detto tendiamo ad abbracciare qualunque stile. Noi stessi ascoltiamo diversi generi: io prediligo il jazz mentre Blade la musica anni Settanta e il rock. L’album è prodotto quasi interamente da Dj Raw, un beatmaker romano emergente dalle grandi doti che non ha sicuramente paura di spaziare da un genere all’altro”.

A proposito di spaziare. “Per sempre” si apre con una voce femminile davvero incisiva…
“La voce è quella di Sewit Villa. Un giovane portento della musica che partecipò anche a una delle scorse edizioni di X-Factor e che lavora a stretto contatto con i Two Fingerz. I suoi ritornelli in “Per sempre” e “Sotto questa pioggia” rappresentano un bel valore aggiunto al disco. Un’altra voce importante è quella di Cristian Riccio che compare in diversi pezzi: un vero fenomeno. Ci ha dato una grossa mano nel tracciare le linee melodiche di tutto l’album”.

C’è qualche artista italiano cui fate riferimento?
“Il mio personale riferimento è sicuramente Marracash: a livello lirico il migliore della scena. Ma trovo ci siano anche una serie di affinità con i Club Dogo degli esordi, sia per ragioni di provenienza che per questioni di personalità. Come Guè Pequeno e Jake La Furia anche io e Blade abbiamo attitudini diverse: io mi considero un po’ il ‘pensatore’ del gruppo mentre lui ha un atteggiamento decisamente più ‘street’. Del resto per chi fa rap i Dogo rappresentano un punto di riferimento inviolabile”.

Con chi vi piacerebbe collaborare in futuro?
“Un sogno? Non posso negare che mi piacerebbe lavorare proprio con Marra o Guè. A me e Blade piace molto anche Fabri Fibra. Troviamo che ogni volta riesca a creare qualcosa di nuovo, il suo approccio alla musica è davvero originale, mai scontato. Fra i super big non posso tralasciare Tormento per il quale nutriamo una fortissima stima sia per quello che rappresenta nella storia dell’hip hop sia per la voce unica dal retrogusto soul che nessun altro rapper in Italia può vantare”.

francesca.nera@ilgiorno.net