Michele Bravi: "Sogno gli stadi, ma il teatro è casa"

Il cantautore umbro prepara il concerto al Teatro Arcimboldi di Milano il 23 maggio

Michele Bravi

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Milano - Sceso dal palco galleggiante della trasmissione televisiva “Battiti Live”, Michele Bravi sale venerdì prossimo su quello di Radio Italia Live. “Oltre ad un giro d’orizzonte sulla mia produzione discografica più conosciuta, nell’esibizione ho voluto inserire brani di altri per mettere l’accento pure sulle mie capacità d’interprete” spiega il cantautore tifernate, in oda sulle frequenze e sul sito dell’emittente milanese oltre che su Radio Italia Tv. “Ho scelto cose che di solito non ho occasione di cantare fuori dalle quattro pareti di casa come "Nessuno vuole essere Robin" di Cremonini, ad esempio”.

Rivisitazioni?

"Sì perché a 27 anni brani come "Il diario degli errori" li canto con un’intenzione ben diversa da quella di quando ne avevo 20".

Quanto resterà di questo live nel concerto che terrà il 23 maggio agli Arcimboldi?

"Sono due cose molto diverse. Lo spettacolo per Radio Italia si siede molto sul lavoro fatto per il precedente tour, quello invernale ispirato all’album ‘La geografia del buio’, mentre nelle esibizioni di maggio intendo riarrangiare integralmente il mio repertorio grazie alla presenza di un quartetto d’archi e al tocco di un arrangiatore del cinema che ha lavorato a famose colonne sonore come quella ‘Dallas Buyers Club’. Tutto per avere un suono acustico, ma al tempo stesso molto narrativo e cinematografico. Mi piace molto l’idea del teatro canzone, un contenitore in cui la musica si amalgama con la prosa, intendo proseguire su quella strada".

Lei ha sempre avuto un’attitudine teatrale?

"Sì, il sogno di cantare negli stadi ce l’ho come tutti, ma so che casa mia è il teatro. Tant’è che nel cantiere del nuovo spettacolo ho coinvolto pure uno scrittore di fama come Andrea Bajani. E poi tutti mi dicono che nella vita sono teatrale, quindi sarebbe sciocco limitare questa attitudine in scena".

Quanto ha impattato su tutto questo il ritorno a Sanremo con l’“Inverno dei fiori”?

"Ho vissuto il Festival in maniera molto diversa dalla prima volta. Cinque anni fa avevo fame, smania di rendere questa mia passione una professione. Stavolta ho pensato solo a rappresentare quello che sono nel migliore dei modi. Sanremo ti mette in vetrina, ma, anche se ho un tipo di canzoni che non vanno prime in radio, a me il pubblico ai concerti non è mai mancato. Vedi Blanco che, come artista di successo, esisteva già da prima di salire sul palco dell’Ariston".

Prima il buio, poi il Covid, ora la guerra. Faticoso per andare i tour col cuore leggero.

"Gli ultimi anni ci hanno insegnato che dobbiamo imparare a convivere con l’incertezza. In questo momento, però, la musica deve ripartire assolutamente per non rischiare di scomparire e poi quella di far ritrovare la gente è una missione dell’arte, perché l’unico modo per convivere con il dolore è passarci attraverso. La musica, infatti, non cambia il mondo, ma può aiutarti a capirlo".

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