Marisa Monte: "La musica spalanca tutte le porte"

L'artista agli Arcimboldi con "Portas", l’album dopo un decennio di silenzio: quanto amore per l’Italia

La cantante brasiliana Marisa Monte

La cantante brasiliana Marisa Monte

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Milano - ​Ela é Carioca. "Lei" è Marisa Monte e nelle sue canzoni si respira la vita di quelle "notti di Rio al chiaro di luna" cantate da Vinicius e Antonio Carlos Jobim in uno dei loro più celebri ritratti in musica. Dopo la Targa Tenco incassata lo scorso autunno a Sanremo, la "cantora" brasiliana è in scena giovedì prossimo agli Arcimboldi con "Portas", l’album che l’ha riportata in studio un anno fa, dopo un decennio di silenzio discografico, per riannodare i fili di una carriera da 15 milioni di dischi venduti e 4 Latin Grammy col sostegno di amici come Arto Lindsay, Arnaldo Antunes, Nando Reis, Dadi Carvalho e Chico Brown, figlio di quel Carlinhos Brown con cui condivide l’avventura dei Tribalistas (in trio con lo stesso Antunes).

In tour a cosa danno accesso le "portas" evocate dal suo ultimo album? "Le porte sono un elemento simbolico, che si porta dentro diversi significati: passaggio, trasformazione, scelta, opzione, apertura, chiusura, cambiamento. E queste aperture possono essere esterne, oppure interne. Ho voluto proporre quest’ idea di apertura e trasformazione attraverso l’arte dell’immaginario e della creatività. La musica è di certo una risorsa trascendentale ed esistenziale".

La sua "liason" con la canzone italiana è iniziata a 18 anni stu diando canto qui da noi e sognando la Callas. E il suo primo successo è "Bem que se quis", versione portoghese di "E po’ che fá" di Pino Daniele. Ha pubblicato un pezzo scritto in Sardegna con Jorge Drexler. Il rapporto con l’Italia rimane stretto, dunque. "Questo brano lo abbiamo composto in Sardegna quando eravamo su una barca distanti da tutti e sconnessi dal mondo digitale. Il nostro unico legame e fonte di informazione su tutto ciò che ci circondava era il Vento, questo elemento che rappresenta forza e delicatezza in perpetuo cambiamento, la capacità di adattamento e il movimento costante. Ecco perché l’abbiamo intitolato così e perché abbia voluti eseguirlo in prima assoluta al Tenco".

Al Tenco ha cantato "Insieme" di Battisti. C’è spazio per la canzone italiana sul palco? "In questo spettacolo non c’è nessun’altra canzone in italiano ma il brano che io e Drexler abbiamo composto in Italia c’è, e rappresenta l’amore che ho verso questo Paese. È lo stesso show che ho presentato in Brasile e negli Stati Uniti, basato su tutta la mia carriera con effetti visivi che sottolineano i contenuti dei brani".

In patria qualcuno la definisce "Mina brasiliana". Quando Mina stessa ha interpretato la sua "Ainda bem" nell’album "Piccolino" cos’ha pensato? "Mi sono sentita molto onorata e felice. Mina è un’artista che ammiro, una diva, una grande interprete con una voce da dea. Ha un senso estetico unico, un punto di riferimento per me come donna che vive di musica e per il contributo che ha saputo dare alla canzone italiana".

Nel 2002 il clamoroso successo di "Já sei namorar" dei Tribalistas ha un po’ condizionato la sua carriera? "Bé, l’Italia accolse i Tribalistas veramente a braccia aperte. Ricordo ancora la notte in cui vincemmo il Festivalbar in un’Arena di Verona gremita".

Dice che il Brasile, oltre alla pandemia, di trova a fare i conti col "pandemonio" Bolsonaro. Stanno passando entrambi oppure no? "Sono molto dispiaciuta di quel che sta accadendo nel mio paese. Vorrei più rispetto della cultura e dell’industria creativa in genere. Questo fa sì che io mi senta ancora più motivata a portare sui palcoscenici arte e cultura realizzando, così, una mia resistenza poetica".

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