Il basso dei Purple come negli anni 70

Glenn Hughes porta all’Alcatraz il repertorio delle Mark III e IV

Glenn Hughes

Glenn Hughes

Milano, 9 aprile 2019 - Formidabili quegli anni. Domani sera (mercoledì 10 aprile) il bassista Glenn Hughes plana sul palco dell’Alcatraz con uno show che ha già nel titolo tutta l’enfasi di un passato che non passa. Classic Deep Purple Live. Undici brani in tutto, focalizzati ovviamente sui tre album dei Purple che lo videro in formazione tra il ‘74 e il ’75, con un paio di recuperi eccellenti quali “The Mule” e una “Smoke on the Water” spesso seguita da una versione a cappella di “Georgia on my Mind” in versione pseudo gospel.

Non per niente il bassista di Cannock, nello Staffordshire (dov’è nato nel ’52), è soprannominato The Voice of Rock. Il suo nome è legato alla Mark III, la formazione messa in piedi nel ’73 da Paice, Lord e Blackmore con Huges al basso e David Coverdale al microfono. Hughes, che veniva dai Trapeze, avrebbe potuto anche assolvere al ruolo di cantante, ma i Deep Purple volevano un frontman e prima s’indirizzarono su Paul Rodgers dei Free e poi sullo sconosciuto Coverdale. L’impronta di nuovi arrivati comportò subito una svolta verso orizzonti poco frequentati fino a quel momento, come il funky e il rhythm’n’blues. “Burn”, “Stormbringer” e infine l’incompreso “Come Taste the Band”, caduto sulla crescente disaffezione del pubblico e sulle difficoltà comportamentali di un eroinomane come il chitarrista Tommy Bolin, subentrato frattanto a Blackmore (dando vita al Mark IV).

«Ho lavorato con tantissime altre formazioni, ma questo spettacolo è centrato solo sulle mie stagioni con i Deep Purple – spiega Hughes –. E non suono, infatti, rielaborazioni in studio delle canzoni di allora, ma le versioni che facevamo in concerto a metà degli anni Settanta al California Jam, in Europa o alla Long Beach Arena. Per rimanere più fedele possibile allo spirito dei tempi sono andato a riascoltarmi registrazioni audio di allora e ho recuperato pure qualche filmato d’epoca.

A 66 anni non voglio essere altro che me stesso e non ho paura di confrontarmi col passato, d’immergere il dito del piede in quel che sono stato. Quando, un paio di anni fa, alcuni promoter mi hanno chiesto se fossi interessato a mettere in piedi uno spettacolo celebrativo col repertorio suonato ai tempi del MK III e MK IV, mi sono chiesto se avesse senso tornare indietro nel tempo a scavare nelle canzoni, negli arrangiamenti, per provare a rifarli con la stessa urgenza, la stessa inquietudine, e la stessa energia di quando avevo a 23 anni.

La risposta è stata sì e, oltre a recuperare la musica e i suoni di allora, oltre a farmi ricrescere i capelli, ho cercato abiti d’epoca che riportassero quel clima. Non quelli originali, perché li ho persi quasi tutti per strada e qualcuno è oggi esposto alla Rock’n’Roll Hall of Fame di Cleveland. Per fortuna ho sempre avuto un gran interesse per la moda e sono amico di alcuni stupendi designer che mi hanno aiutato a aprirne di bellissimi».

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