“Hello Goodbye”a Malpensa: "Prendo al volo storie ed emozioni"

Debutta su Real Time il reality condotto da Pablo Trincia e girato all'aeroporto

Pablo Trincia a Malpensa

Pablo Trincia a Malpensa

Milano, 5 aprile 2018 - Malpensa è una finestra sul mondo. E il set della nuova trasmissione “Hello Goodbye”, crocevia di storie. Cinquanta storie. Captate da Pablo Trincia - noto al grande pubblico con Le Iene e la sua serie audio “Veleno” - chiamato a condurre il nuovo format in onda su Real Time da domani alle 22,40 (Canale 31 del Digitale Terrestre, Sky 131 e 132, Tivùsat Canale 31), prodotto dalla DueB di Luna Berlusconi per Discovery Italia e scritto da Alessandra Torre con Giovanni Bagnari e Francesco Di Giorgio.

Trincia, il suo “Hello” più forte?

«Al rientro da un viaggio in Tanzania che condizionò molte delle mie scelte. C’erano la mia famiglia e i miei amici. Tutti in pigiama e con le mie foto da piccolo».

Si ride, in aeroporto, si piange.

«Vai lì e acchiappi storie. Stai finché trovi quella giusta. Con tempi stretti e in condizioni che non sono ideali per parlare. Ma le persone hanno voglia di raccontarsi, vanno oltre il contesto».

La storia di cui vorrebbe conoscere il seguito?

«Un signore milanese in attesa della figlia della sua compagna. Era lì, solo, con un cagnolino. La aspettava per andare di corsa all’ospedale perché la compagna aveva avuto un ictus. Gli ho detto: “Dovrà sorreggere questa ragazza”. Mi ha guardato e mi ha risposto: “È lei il mio bastone”».

Altre storie milanesi incrociate a Malpensa?

«Un bacio bellissimo fra un ragazzo di Milano e un ragazzo che abita a Pechino. C’è la difficoltà della distanza, la relazione gay e l’amore a migliaia di chilometri che esiste. Lui è davvero positivo».

Storie che non avete potuto raccontare?

«Quelle degli amanti. Ricordo un addio straziante. Mi sono detto: “Ecco, quello è il bacio della vita”. Si erano conosciuti su una chat. Erano stati insieme un mese. Non sapevano quando e se si sarebbero rivisti».

La seconda puntata sarà “speciale”. Perché?

«Perché sarà dedicata a Giovanni. Che fa parte di una storia. Lo abbiamo incontrato in aeroporto insieme a tre scalatori che facevano parte del Soccorso alpino e rientravano dalla Patagonia, dalla scalata al Cerro Torre, che il padre aveva provato 44 anni prima. Giovanni è morto poco dopo sulle sue montagne lecchesi. Ci ha contattato la famiglia su Facebook per avvisarci. Ci ha chiesto di ricordarlo. La seconda puntata è un omaggio a lui».

Storie d’amore, di vita, di cervelli in fuga.

«C’è il tema della migrazione, di sorelle venezuelane che si riabbracciano, c’è il viaggio di un ragazzo della Guinea-Bissau che torna a casa con un cuore nuovo. Senti il racconto in presa diretta, ti immagini quelle terre e vedi l’emozione negli occhi».

La sua vita è un viaggio. Ma Milano è un approdo?

«Sono cresciuto qui, ho frequentato il liceo Manzoni. Vivevo a Città Studi, poi sui Navigli negli anni Novanta quando ancora era un quartiere popolare. Quando torno dai miei viaggi e mi affaccio a Porta Genova, ecco, mi sento a casa».

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