Fabrizio Moro: "Sono felice di tornare a suonare perché mi sento libero nell’anima"

Domani al Carroponte con un atteso concerto: "Solo un inizio, nel 2022 ci sarà un tour vero"

Fabrizio Moro

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Milano - Per molti artisti uscire dalla pandemia significa tornare a costruire su macerie ed è per questo che Fabrizio Moro, alla vigilia del concerto che domani lo racconta sotto la luna del Carroponte, dice di sentirsi come nonno Dario nel ‘45 "quando non aveva da mangiare né scarpe per camminare, ma si sentiva felice lo stesso per la certezza che il mondo si stesse trasformando in un posto migliore".

Cosa le è mancato di più durante il lockdown? "Non avere prospettive. La cosa peggiore che c’è. Ogni giorno, infatti, ho bisogno di mettere delle bandierine sul mio calendario, perché il solo fatto di poterlo fare mi rende libero, ispirato, vivo. Ecco perché quest’anno mi ha deteriorato l’anima". Ora finalmente torna a suonare. "Già, lo faccio per mille-millecinquecento persone e sono felice così. Si tratta, infatti, solo di un inizio; da qualche tempo mi sono rimesso a scrivere con la prospettiva di mettere in strada nel 2022 un tour vero. Ovviamente con un nuovo album da pubblicare a fine primavera". Prima debutterà dietro alla macchina da presa in «Ghiaccio»? "Sì, il film l’ho già finito di girare. E ho finito pure la colonna sonora. Conto di arrivare nelle sale entro la fine dell’anno. Trattandosi della storia di due pugili, ho fatto allenare entrambi i protagonisti, Vinicio Marchioni e Giacomo Ferrara, dall’ex campione del mondo dei supermedi Giovanni De Carolis. Poveretti, hanno mangiato finocchi per due mesi". A proposito di pugilato, qual è il pugno più grosso che s’è preso in vita sua? "Sicuramente, il disco di debutto. Firmai il mio primo contratto discografico nella convinzione che avrei fatto questo lavoro per tutta la vita, ma quella certezza vacillò subito. Il disco, infatti, andò male, Sanremo pure, e dovetti ricominciare da capo. Quardandomi indietro, però, dico che quel cazzotto che è servito". Parliamo di Eurovision. La vittoria dei Måneskin vendica un po’ il quinto posto suo e di Ermal Meta, premiati nel 2018 dal pubblico, ma affossati dalle giurie? "Per farcela sarebbe davvero bastata un po’ più di benevolenza da parte delle giurie. E invece il voto pieno ce lo dette solo l’Albania, per via di Ermal. Sono felice per i Måneskin, hanno fatto riemergere un’onda". Altri progetti? "Un omaggio a Ligabue. Per il festival ‘ImagiAction’, infatti, finisco di girare proprio oggi a Ravenna con Alessio De Leonardis il videoclip di ‘Sogni di rock’n’roll’; mi sento addosso grande responsabilità perché quella è una delle canzoni con cui sono cresciuto". Liga l’ha mai conosciuto? "Sì, una volta al matrimonio di un amico in comune; mi venne vicino dicendo qualcosa, ma io, vuoi per l’emozione vuoi per il volume assordante della musica che avevamo attorno, non capii mezza parola. Così l’abbracciai, gli detti un bacio sulla guancia… e me ne andai".

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