Gli Ex-Otago: "Il nostro sarà un concerto-varietà"

Il gruppo genovese fra il bilancio (positivo) di Sanremo e le sorprese del tour

Maurizio Carucci e Francesco Bacci in redazione

Maurizio Carucci e Francesco Bacci in redazione

Milano, 26 febbraio 2019 - Il concerto più potente dei loro 15 anni (abbondanti) di storia. Parlando del tour che dal 28 marzo li porta in giro per l’Italia, con tappa al Fabrique di Milano il 5 aprile, gli Ex-Otago avvertono i fans di aspettarsi sorprese. Un vero e proprio varietà per divertirsi e divertire, come Maurizio Carucci e Francesco Bacci hanno spiegato ieri in redazione al Giorno addentrandosi anche tra i come e i perché del nuovo album “Corochinato”, sesto capitolo di una discografia varata nel 2003, e del docufilm “Siamo come Genova” che l’accompagna.

A Sanremo vi siete piazzati tredicesimi, dietro Ghemon, ma davanti a Motta, soddisfatti?

Carucci: «Alla classifica non abbiamo mai pensato, volevamo solo portare gli Ex-Otago dei club, dei circoli, sul palco del Festival. E ci siamo riusciti».

Ma non eravate quelli che cantavano “ci vuole molto coraggio a guardare Sanremo fino in fondo”?

Bacci: «Già, quelli che nella stessa canzone dicevano che ci vuole molto coraggio a portare il calzino bianco col mocassino, tant’è che all’Ariston ci siamo andati col calzino bianco e il mocassino. Enzo Miccio, in platea, è rabbrividito».

Due atti eroici in uno.

Bacci: «Il coraggio è quello di ascoltare quattro ore di musica per cinque sere consecutive, anche se quest’anno, grazie a Baglioni, il Festival era più variopinto del passato».

Carucci: «Speriamo che sia soltanto l’inizio e che, in futuro, trovi rappresentazione al Festival quanta più musica possibile. La gente mostra di volere questo cambiamento, visto che poi ascolta questi artisti un po’ più ‘inusuali’, compra i loro dischi, e va a vedere i loro concerti».

Critiche nel mondo indie per la scelta di calcare un palcoscenico così nazional popolare?

Carucci: «Ovviamente sì, anche se non diffuse. E tutte educate. L’occasione ci è servita per ribadire che gli Ex-Otago sono una band che canta ovunque e per chiunque».

“Solo una canzone” è in realtà la somma di due brani scritti un paio di anni fa.

Carucci: «Effettivamente ho composto la parte portante del pezzo in tour un paio di anni fa, su una tastierina da un’ottava e mezzo, ripensando alla mia lunga esperienza di coppia».

Bacci: «Poi il nostro tastierista Olmo ha suggerito di unirlo con un altro brano che avevamo lì da parte e, durante un ritiro in montagna, siamo arrivati pian piano alla versione definitiva».

Quali altri pezzi avevate presentato a Baglioni?

Carucci: «Due brani un po’ meno tradizionali quali ‘Bambini’ e ‘La notte chiama’. Ci sarebbe piaciuto andare con un pezzo un po’ più di rottura tipo ‘La notte chiama’, ma va benissimo così».

Qual è stato, se c’è stato, allora il pezzo di rottura in questo 69° Festival?

Bacci: «Beh, ‘Rolls Royce’ di Achille Lauro».

Carucci: «La rottura vera è stata ‘Soldi’ di Mahmood con il suo verso in arabo. Un pezzo iper-moderno. Incredibile che abbia vinto, sono assolutamente d’accordo col risultato».

Il Corochinato è un vino aromatizzato, che retrogusto lascia nel vostro caso?

Bacci: «Un sapore dolce-amaro tipico dell’animo genovese».

Carucci: «Quel retrogusto che trovi solo nei prodotti tipici».

Solo qualche anno fa non avreste pensato di andare a Sanremo. C’è dell’altro nel parcheggio delle fantasie?

«Suonare tra gli spalti del Luigi Ferraris, lo stadio della nostra città. Suonare a Marassi, il quartiere dove siamo cresciuti e a cui abbiamo dedicato un album, sarebbe il punto più alto della nostra carriera».

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